Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
170 |
gabinetto passò dinanzi ad uno specchio, e vi si vide talmente disfatto che rabbrividì di sè stesso.
Il suo volto era terribilmente livido; ella balzò in piedi arretrando e questo atto la tradì. Una luce quasi fumida ondeggiò sugli occhi del principe.
Era impossibile dubitare. Rimasero così qualche secondo, squadrandosi, quasi egualmente pietrificati da quella confessione.
Tatiana vacillò.
Allora il principe abbassò gli occhi e, traendosi dalla tasca interna della giacca nera il biglietto, glielo porse. Tatiana in quell’attimo lo aveva già osservato. Il principe aveva gli abiti spiegazzati, il colletto della camicia sudicio e pesto; il giallore cinereo del suo volto, in quell’insonnia disperata di due giorni senza riposo e senza cibo, era diventato spaventevole, ma i suoi occhi sprofondati nelle borse, che gli penzolavano floscie sulle gote, brillavano come due carboni.
Ella gittò macchinalmente uno sguardo al biglietto, e lo lasciò cadere sul tavolo mirabilmente incrostato di madreperla. Il principe fece un passo, lo riprese gualcendolo furiosamente, e se lo rimise nella tasca dei calzoni.
— Vero!? stridè a denti stretti.
La sua voce parve a Tatiana di agonizzante, ma la sua bocca tremava di una tale minaccia, che davanti al pericolo ella ritrovò tutto il proprio coraggio.
L’altro ripetè quella parola con un gesto.
— Se lo credete, perchè chiedermelo?