del seminario diocesano,
entrò nell’accademia di Kief, una delle quattro maggiori, e vi si fece
tosto notare sfavorevolmente per la energia indomabile dello spirito. In
quella vita tumultuosa di collegio egli fu uno dei più calmi e, nel
medesimo tempo, dei più insubordinati; invece di abbandonarsi, come
tutti i suoi compagni, a quegli scandali col vino e colle donne,
divenuti popolari in Russia dopo le novelle di Pomialovsky, un figlio di
pope morto a trent’anni di miseria e di stravizî, egli divenne il
precettore della loro incredulità e il capitano delle loro rivolte. Tale
iattanza di indisciplina, troppo frequente nei seminari russi per
mettere pensiero ai superiori, perchè tutti quei chierici mal’educati
andrebbero poi ad esaurirsi nella solitudine delle parrocchie senza
poterne alterare la vita tradizionale, assunse allora per opera di
Nicola proporzioni più gravi. Si dovettero adoperare più spesso le
verghe, benchè da poco tempo abolite; Nicola stesso vi passò più di una
volta. Naturalmente il supplizio, da lui sopportato con stoicismo
feroce, mutò il suo disprezzo per la religione in odio, e la sua
miscredenza in pessimismo. Di ribelle crebbe a nemico. Quindi raddoppiò
di ardore negli studi, leggendo di straforo tutte le opere di esegesi
ecclesiastica, distruggitrici della verità cristiana, che allora
uscivano dalle grandi università tedesche. Poi a scuola le sue
obbiezioni, presentate sempre colla più sottile ironia, impacciavano
spesso il professore, sino