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zioni teoriche. Siccome per Hegel il dolore era un’ombra, attraverso la quale l’anima doveva passare per essere più bianca, Nicola sentiva così degradati tutti i propri patimenti. Perchè soffriva egli dunque tanto, se ogni punto della vita non era che un passaggio, e la verità e la felicità erano solo nella coscienza intellettuale di tutti questi trapassi? Egli si ribellò. Come un areonauta assalito nell’etere più puro dalla nostalgia della terra, lacerò il proprio pallone per ricadervi almeno cadavere.

Quindi da Hegel precipitò su Schopenhauer, concependo il mondo come una demenza della volontà divina, che il pensiero poteva interrompere colla propria morte. Questo nuovo sistema, allora nella massima voga, lo ubbriacò di dolore e di vanità. La sua prima ribellione al cristianesimo, dietro le critiche di Feuerbach e di Strauss, non gli parve più che ben piccola; altre rivolte gli si accesero in cuore, altri odi lo sollevarono terribilmente in alto contro tutte le autorità della terra. Se la vita era naturalmente infelice, tanto peggio per essa; ma perchè era anche socialmente sventurato? Perchè alcuni profittavano di tutti i suoi pochi beni, spingendo la miseria degli altri fino alla morte? Quantunque segregato dal mondo, col quale comunicava mediante libri e giornali, e gli uni e gli altri gli erano prestati da un condiscepolo d’Accademia, divenutovi professore, egli sentì la nuova tormenta. Qualche gran cosa si