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verno e la neve ricoperse tutta la steppa. I mugiks, sepolti dentro le isbe, non ne uscivano più che alla domenica per venire alla parrocchia; essi conoscevano la miseria del curato, così dolorosa che a certi giorni gli mancava la legna per la stufa e non aveva da mangiare; ma che importava loro? Era la pena della sua empietà. Perchè qualcuno del clero non soffrirebbe, almeno una volta, la loro miseria? Diacono, cantore e sagrestano non andavano più da lui che per ragioni di ufficio, aumentando colle insinuazioni il suo discredito nel popolo. Egli taceva con loro, ma si sfogava in casa colla moglie e con Loris. Da un viaggio a piedi sino a Voronege, per domandare soccorsi ad un antico compagno di scuola, non n’era tornato che con pochi rubli ed alcuni libri per Loris. Quindi, per disperazione, si diede alla caccia nella foresta dipendente dal castello, lontana dalla chiesa dieci verste, tirando su tutto, anche sui lupi, che portava a casa a pezzi, scuoiati, per ingannare la moglie e il ragazzo. Loris studiava i libri, che già conosceva; dopo il greco aveva imparato il latino, poi il tedesco, sapeva i classici; era passato attraverso la bibbia, e la sera il padre lo istruiva nella teologia, rivoltandone tutto il significato. Ma Loris non parlava quasi mai colla mamma. Finalmente un giorno volle accompagnare il padre a caccia, armandosi di una accetta, perchè in casa v’era un solo fucile.
Quella nuova vita nella foresta, piena di caverne