Pagina:Oriani - Il nemico.djvu/212

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vôlta del loro cranio come colpi di mazza. Ma la serratura cedette quasi subito.

Erano nel palco. Affacciandosi tastoni al parapetto, perchè istintivamente Loris aveva rinchiusa la lanterna su quelle tenebre, che cominciavano già a raffreddarsi, ebbero l’impressione di un abisso aperto sotto i loro piedi. Ma una fretta febbrile non lasciò loro tempo a troppo lunghe emozioni. Anzitutto Loris voleva acconciare i tubi della melinite sotto l’intelaiatura del divano; si trasse quindi la pelliccia, dicendo ad Olga di fare altrettanto, e le distese entrambe aperte fra divano e divano così da formarne un tendone, che non lasciasse sfuggire alcun raggio di luce. La precauzione era inutile, se qualche servitore del teatro avesse pernottato nella sala, giacchè le pelliccie si scostavano tratto tratto lasciando filtrare il lume, e lo stridore del cacciavite, invitando i piccoli ganci nelle fascette del divano, traversava il silenzio di quel buio con una nota acuta di grillo. Olga, appoggiata al parapetto, teneva ferme colle braccia le pelliccie.

L’operazione durò due ore senza che nessuna difficoltà venisse a prolungarla; Loris sudava meno per la fatica che per l’emozione. Quando ebbe piantati tutti i ganci, chiese ad Olga il filo; questa, nel porgerglielo sotto alle pelliccie, rimase paurosamente impressionata della sua faccia. Loris rosso, grondante di sudore, colla lanterna, che gli riverberava sul volto, le parve terribilmente sinistro.