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— Viva la Russia, proruppe Ossinskj.
— Dove la servitù può durare mille anni senza una guerra servile, e la tirannia abbassarsi sotto l’imbecillità senza impiccolirsi. La storia russa non ha che una grande figura: Napoleone I al Kremlino.
— Noi bruciammo Mosca.
— Scempiaggini! La neve sola distrusse la grande armata. Senza la corazza di ghiaccio la Russia cadrebbe ferita a morte nel primo combattimento. Quando si ha la disgrazia di nascere russi, bisogna congiurare per farsi uccidere, altrimenti si è costretti a suicidarsi per sfuggire alla nausea di sè stessi. Io sputo sulla Russia.
— Viva la Russia e morte allo Czar! proruppe a bassa voce, con occhi scintillanti, Ossinskj.
L’altro alzò sprezzantemente le spalle.
— Morte allo Czar! ripetè il conte Ogareff, alzando un bicchiere colmo di Sauterne.
— Già, siamo ai brindisi! replicò Fedor con inflessione così insultante nella voce che tutti impallidirono: ecco il coraggio russo!
— Tu insulti dunque?
— Sì, perchè odio me stesso prima di tutto; mi vergogno di essere russo.
In quel momento Andrea Petrovich, che aveva seguito con visibile compiacenza la discussione, si torse verso la tastiera e, sorridendo ironicamente a se stesso, suonò le prime battute della grande marcia di Glinka nell’opera, — La vita per lo Czar —.