Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/13

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oro incenso mirra 5

suo colore fra le iridi improvvise degli sguardi. Vi sorpassai; mi vedeste, mi fermai in fondo al portico per studiarvi meglio, poi vi seguii dappertutto, sino al vostro palazzo. Vi avevo veduta.

— Non ero bella.

— Per fortuna.

— Altrimenti non mi avreste amata?

— Ve l’ho pur detto.

— Ma davvero non vi piacciono le belle signore?

— Nè signore, nè belle.

— Cosicchè...?

— Voi non siete nè l’una nè l’altra.

Ella non s’irritò, presa in quella bizzarra conversazione, che il luogo e l’abito potevano permettere; tornò a ridere.

— Perchè mi amate dunque?

— Non lo so, vi dirò invece perchè mi piacete. Questo lo so bene. Vi conosco come voi stessa forse non vi conoscete, benchè sentiate che la vostra forza di donna non sta nella bellezza e nel vostro titolo di principessa.

Erano passati nel secondo salone, più vasto, parato di una carta gialla, e un po’ meno affollato. Molti avevano già notato la nuova maschera di Lelio e la studiavano acutamente, indovinando dall’aria altera di lui che dovesse essere qualche gran dama. Lelio Fornari non era simpatico. Sebbene fosse quasi bello e le brillanti qualità del suo spirito lo rendessero prezioso in tutte le conversazioni, si temeva troppo la mordacità improvvisa dei suoi frizzi, spesso anche troppo veri, e si seguitava a negargli l’importanza dell’ingegno, meno per l’arditezza della sua originalità che per l’immodestia battagliera, colla quale egli l’adoperava.