Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/181

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IDILLIO


Secondo un motto di Pindaro «all’ingresso di ogni opera d’arte bisogna mettere una figura che brilli da lontano». Quale l’aveva dunque egli collocata nell’atrio del proprio tempio, di cui oggi non ci rimangono che poche ruine? Lo si ignora, ma se dagli scarsi rottami si potè conchiudere all’edificio, la statua, che ne ornava il vestibolo, dev’essere stata ben bella.

E questa legge di estetica, da lui liricamente formulata, si verificò poi in tutte le grandi opere d’arte. Forse la Grecia non ebbe sculture più belle del fregio del Partenone: all’ingresso della Iliade, serena ed a un tempo sanguinante epopea di battaglia, Omero aveva già collocato la patetica figura di Andromaca: all’ingresso dell’Eneide Virgilio pose il tragico fantasma di Didone, nelle prime bolgie dell’inferno Dante s’imbatte in Francesca, dalla soglia stellata del Paradiso gli viene incontro Beatrice: Angelica passa fuggendo nelle prime strofe dell’Orlando, il primo guerriero che arriva sulla piazza di Gerusalemme è Clorinda, la prima vittima che si presenta nel palazzo maledetto di Adelchi è Ermengarda: Margherita sta nel vestibolo del massimo poema moderno, Ofelia sulla porta del gran