Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/201

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il pranzo; egli nel terrore di una sconciatura le proibiva continuamente ogni più piccolo moto, si ringalluzziva alle allusioni delle comari, e appena rimanevano soli, covandola collo sguardo sino a farla arrossire, finiva quasi sempre col domandare il permesso di appressarle le orecchie al ventre e di ascoltare.

Poi tutte quelle aspettazioni di silenzi e di discorsi si erano risolte entro una bella notte di primavera in un vagito; il bambino era nato grande e bello, aveva già un ciuffettino di capelli biondi, sembrava un fiore, un frutto, tutto ciò che la natura ha di più squisito e la fantasia di più ideale. Il bambino piangeva misteriosamente come piangono tutti i bambini, gli altri piangevano di gioia: la madre nel pallore e per le sofferenze del parto sembrava una martire. Quindi all’indomani un’altra festa per il battesimo.

Gaspare si era messo un soprabito nero, magnifico come quello del suo padrone, tutta la casa era in moto: lungo la strada la gente veniva sugli usci a guardare la fanciulletta inghirlandata che portava il neonato; Gaspare si sentiva scoppiare, vedeva dei baleni in cielo, ascoltava delle suonate dentro le case. In chiesa un altro caso aveva concluso la sacra funzione facendo straripare l’entusiasmo. Nella immensa cattedrale, deserta a quell’ora pomeridiana, un ufficiale austriaco di cavalleria, tutto vestito di bianco, arrivato forse da poco nella città ed entrato per ammirare il tempio, si era accostato curiosamente al corteo per assistere al battesimo. Tutti lo guardavano; aveva un aspetto nobile, un’aria di bontà che lo rendeva anche più bello. Sulla fine la comare, che scoppiava dalla vanità nell’esercizio delle proprie funzioni, rispondendo al latino del prete con un latino anche più