Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/248

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— No, non ancora. Se quando tu cerchi nelle tenebre dell’ignoto io avessi per te conforti di luce e di rivelazioni; se quando tutto oscilla nel dubbio del tuo pensiero io restassi salda nella fede del tuo cuore; se quando tu lotti io fossi sempre la vittoria; se quando tu vinci io fossi sempre il premio... se io fossi nel tuo ieri eterno e nel tuo dimani immortale?...

— La vita non è che l’oggi.

— E sia pure. Hai ragione, noi donne siamo caduche, siamo un fiore ed un frutto, un profumo che accarezza, un sapore che corrobora. Sali, sii grande; io non posso nulla per te; sii infinitamente infelice, la tua felicità è forse in questo. Vivi lassù, al disopra dell’aria, dove le stelle guardano nel vuoto e le comete cercano Dio: io non ho nè il diritto, nè la forza di seguirti. Ma quando discenderai dal zodiaco fiammeggiante della tua idea al comando della storia, che avrà drizzato sopra un Golgota la tua croce nera, io sarò ad aspettarti lungo la strada e avrò lagrime che laveranno tutte le tue piaghe, parole che copriranno tutti gli insulti. Ma prima, fra l’apoteosi e il martirio, sovvèngati qualche volta di me, che ti avrò amato colla stessa costanza della terra che gira intorno al sole, sovvèngati della mia vita, che sarà sboccata nella tua come una fontana nell’oceano. La fontana è piccola, ma la sua acqua si può bere.

Poi guardandolo improvvisamente come in atto di sfida proruppe:

— Ebbene, senti: che cosa daresti tu, ambizioso, per essere il maggiore fra quanti uomini furono e saranno?

— Il sembrarlo a tutti.

Ella chinò scoraggiata la fronte, mormorando:

— Mi soffochi.