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un’aria più pura, e sulla conca di questo mercato è di un effetto eccellente. Vogliamo salirvi?
— Perchè no? — rispose finalmente la duchessa — forse dalla sua altezza si scorge il grande giardino del Paradou.
— Spero che non vi piacerà. Giammai artificio violentò maggiormente la natura: è la farragine del mercato dentro il giardino.
— Forse avete ragione, ma il giardiniere è stato nullameno un grande poeta.
— E lo sarebbe parso doppiamente, se avesse saputo un po’ meno la nomenclatura.
La duchessa si arrese.
— Ritorniamo — disse poi.
— Non vi sembra che il quartiere sia bello e soprattutto grande?
— Senza dubbio, ma vi sento due brutti difetti, la monotonia dello stile e una suprema volgarità nelle massime come nelle minime cose.
— È moderno.
— La città di Balzac lo è del pari e non mi fa pesare sulla coscienza la volgarità di questo quartiere. Poi non tutto vi è compiuto: si capisce che vi abita soltanto la nuova borghesia e il popolino, nessuna famiglia illustre, nessun grand’uomo è ancora venuto a stabilirvisi. Da solo questo quartiere non potrebbe vivere e nemmeno diventare una città.
— Infatti tutto vi è come provvisorio, la vita non vi ha conservato nulla.
— Vi manca persino una chiesa.
— No, girate quell’angolo: ecco la chiesa, forse meglio la cappella di Lourdes: nella volta egri ha dipinto i quattro evangeli.
— Povero Zola! il terzo non potè finirlo.
— Non ve ne lagnate: Zola della religione non