Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/31

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dopo la presentazione, e tutto era rimasto lì. Chi era stato dunque più audace in quella conversazione, egli dandole della gitana e schizzandole un ritratto insolente quanto bizzarro, o ella lasciandolo dire e rispondendo a quel grido col suo nome nell’atto di fuggire senza lasciarsi più riprendere? Conosceva egli davvero quella donna, della quale si raccontavano tanti scandali, mentre il marito, beone e cacciatore, sembrava non accorgersi di nulla? Malgrado un indefinibile convincimento in quella intuizione, che credeva aver avuto del suo carattere o piuttosto della sua figura, si era dovuto confessare amaramente di aver trasceso nel fare con lei dello spirito con una vanteria di romanziere sempre in agguato per sorprendere qualche carattere eccezionale. La goffaggine di quest’ultima posa, resa ridicola da troppi autori, aveva certamente fatto sorridere in lei la gran dama.

Generalmente le signore non hanno per l’arte, e più ancora per quella dello scrittore, che una stima mediocrissima: la giudicano uno dei tanti passatempi offerti alla superiorità della loro posizione, accordando appena qualche importanza ai grandi nomi consacrati dalla fama. Tutti gli altri non sono che della gente, la quale vive del proprio lavoro e cui si può giovare comprando il libro.

Lelio Fornari era già rimasto offeso da questo giudizio della grande classe mondana. Tale dispregio della propria arte, nella quale sentiva di poter diventare qualche cosa, gli pareva una ingiustizia più dolorosa di quante altre avvelenavano o schiacciavano la vita degli altri poveri: quindi il suo primo sentimento era stato di odio verso la principessa. La superbia di artista, aiutata dall’orgoglio della giovinezza, gli faceva sentire di essere abbastanza bello per contendere una donna a qua-