Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/34

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dare alla chiesa parrocchiale per restarvi lunghe ore sola, ginocchioni, nel fervore della preghiera come le più umili donnicciuole.

Poi aveva osato mantenere da moglie l’uso impostole da ragazza di seguire vestita di nero, con un immenso velo nero sulla testa e un cero in mano, la processione della Madonna di San Luca; mentre tutte le altre giovani signore non lo ardivano più tra la beffarda incredulità della maggioranza e la brutta superstizione dei villani, rimasti ormai soli in quella passeggiata decorativa.

Ma Lelio Fornari, abbastanza perspicace per conciliare in lei tutte queste apparenti contraddizioni, non aveva ancora saputo indovinare il perchè di quella affettazione quasi amorosa verso di lui. Pretendeva ella di arrolarlo nel manipolo dei giovanetti, prime speranze dell’aristocrazia bolognese, che la seguivano per le strade o s’affollavano nel suo palchetto in una vanità di mostra, abbarbagliati dai suoi sorrisi od ingannati dalla più semplice delle sue pose? Allora tutta l’amara, precoce esperienza del romanziere si destava in lui per renderlo anche più cinico: il suo disprezzo per la donna egualmente incapace di grandi pensieri e di grandi passioni diventava odio di battaglia, una voglia gelida ed acuta di misurarsi con questa principessa, che dominava già tutta Bologna senza altri mezzi che una eleganza e una civetteria un po’ meno volgari.

Un caso gli aperse i saloni della contessa Ghigi: egli vi andò e vi ottenne molto successo velando la propria superiorità intellettuale. Sulle prime erano rimasti freddi verso questo romanziere, già denunciato alla pubblica indignazione per lo scandalo del suo ultimo libro; ma presto il suo riserbo, le maniere squisite e una suprema insospet-