Vai al contenuto

Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/67

Da Wikisource.

delle volgarità inevitabili a tale passione, forse la più pericolosa per gli uomini d’ingegno, perchè contro di essa non valgono appunto nè forza di pensiero nè finezza di sentimento; ma capiva pure che l’unico modo di salvezza sarebbe stato nel cangiar paese per qualche tempo, mentre tale muta confessione di sconfitta faceva sanguinare il suo orgoglio più di qualunque umiliante abbandono.

Lelio aveva appena ventiquattro anni. Il suo disprezzo per le ordinarie passioni dei suoi compagni era dunque piuttosto una posa che una vera virtù di combattimento; giacchè solo più innanzi negli anni, e seguitando nello studio assiderante dell’anatomia sopra tutti i sentimenti umani, avrebbe poi attinto l’orgoglio impassibile dei grandi artisti così simile a quello dei grandi navigatori.

L’indomani scrisse invece alla principessa scioccamente:

«Il capolavoro è appena cominciato; aiutatemi a finirlo».

Per due giorni attese indarno la risposta.

Allora tornò dalla contessa Ghigi e negli altri due o tre saloni dove poteva incontrare la principessa: infatti ella vi era già, corteggiata da tutti, in uno sfolgorio di grazia e di spirito, che eccitava nuove ammirazioni. Egli sospettò subito di un altro amante, ma non scorse che il principino tornato a Bologna per introdurre la moglie nell’alta società. Invece era stato per entrambi un vero disastro.

La baronessa tedesca, alta, con una faccia quasi di uomo, malgrado la sceltissima educazione, era riuscita a tutti insoffribile: le donne l’odiavano per i suoi milioni compiangendo il principino, che gli uomini e la principessa, questa volta passata dal loro canto, giudicavano spregevole per la stessa ragione.