Pagina:Oriani - Oro incenso mirra, Bologna, Cappelli, 1943.djvu/88

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prestati parecchi, alcuni fra i migliori compagni ne diedero altri, da ultimo un ex professore di filosofia, prete buono e strano, malviso al vescovado, gli fornì il resto. Restava ancora la spesa per la carta quando non gli riusciva di farsela regalare.

Nel primo mese guadagnò sedici soldi in due accompagnamenti funebri al cimitero, e potè così comprare qualche quaderno con un cartoccino di penne: a quella per le male copie pensavano i manifesti delle colonne. In una sera di neve, rincasando sull’ora di notte, aveva osato strappare un lembo di avviso che il vento gli sbatteva quasi sul volto: sulle prime, spaventato della propria audacia, credette in buona fede che i manifesti non si potessero rompere, poi si rinfrancò e, avendo studiato nel giorno i luoghi più propizi, usciva la sera circa sulle otto a fare così la propria provvista.

Era una vita povera e semplice, alla quale per diventare sublime sarebbe bastata la coscienza del sacrifizio.

Egli invece non ne sapeva nulla: aveva una voglia ardente di farsi prete in quel fanciullesco entusiasmo delle prime preghiere e dei primi abbarbagli mistici: sapeva che a casa il padre e le sorelle mangiando quasi sempre formentone lavoravano anche più di lui, ed egli li amava dolcemente, senza passione. Alla parrocchia futura non pensava mai, anzi quando il padre gliene aveva parlato sognando già di riposarsi vecchio all’ombra del campanile figliale, egli ne aveva quasi sofferto: benchè torbido, il suo sogno sarebbe stato di studiare sempre e magari di predicare, se la voce glielo avesse permesso.

Ma allora era troppo gracile, con un collo non più grosso di una canna e una voce roca, attraverso la quale tratto tratto passavano sibili di mal au-