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In qual modo confessare ora il resto?
La colpa stessa spariva nella orribilità della espiazione: aspettare in casa l’arresto, chi sa quanti giorni, indovinando da lungi tutti i discorsi dei caffè; doverne serbare indarno il segreto con Anastasia, la serva, fino al momento che un delegato venisse ad intimarglielo con quella insopportabile gentilezza da impiegato, probabilmente nella forma di una chiamata in questura. Nessuna forza umana poteva bastare a tale supplizio: Caterina ne diverrebbe forse pazza, era impossibile non morirne.
Per quanto atroce, il fatto di trovarsi davanti al pretore e al cancelliere, dopo essere forse passato per la città fra le guardie, diventava insignificante al confronto dell’esame, che avrebbe dovuto subire, chi sa per quanto tempo, dinanzi alla moglie, sotto l’inquisizione disperata del suo silenzio o delle domande rinascenti indarno dalle memorie della sua anima calpestata ingiustamente, per sempre, senza un motivo e senza un avviso. Eppure egli lo aveva fatto!
Anzi qualche cosa gli restava nel cuore di quella passione istantanea ed irresistibile, una amarezza ed insieme un orgoglio quasi simile a quello che sostiene il coraggio dei delinquenti, e li consola nelle pene dell’espiazione. Si pentiva piuttosto delle conseguenze che del fatto: era stato fatale, senza ricerca da parte sua, senz’alcuna possibilità di resistenza. Adesso tutto era passato.
Un singhiozzo gli salì dal petto affaticato.
Seguitava sempre a cercare, sorpreso da sùbiti scoramenti, che gli davano la sensazione effimera di un bisogno di pregare, dopo i quali si cacciava più disperatamente avanti nella ricerca insensata