Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/53

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Un bagliore le correva sulla faccia smorta; gli aveva messo una mano nei capelli e gli tirava su la testa per cacciarsela in seno. Poi lo lasciò ricadere sul cuscino.

— Gli uomini, mi piace di vederli così.

Questa frase, che allora gli era parsa piacevole, non aveva più potuto scordarla: gliene era rimasta, in fondo all’anima come una paura segreta, non scevra d’antipatia. Infatti non si erano ancora detto di amarsi, malgrado l’inganno così facile in simili relazioni, quando la stanchezza inclina alla sentimentalità; egli rimaneva con un vago rimorso nella coscienza, ella non parlava che di teatro, della vita a Milano, ove era stata mantenuta di un gran signore. Allora cominciavano per lui le torture. Quella donna quasi magra, di un pallore caldo, coi grandi occhi grigi e quella bocca quasi sanguinante, non aveva mai un momento di abbandono; anzi ad ogni eccesso i suoi moti parevano diventar più agili, e dopo aver girato e rigirato per la camera, andava a gettarsi sul vecchio sofà mezzo sgangherato, stirandosi come un animale al sole.

Era la sfida inconscia della femmina, che può nutrirsi impunemente con qualche cosa anche più vitale del sangue, e nella propria insaziabile voracità non si compiace che di se stessa. Egli se ne rendeva conto a mala pena, ma ne soffriva. Era la prima volta che una donna gli faceva provare certe cose.

Ma poi si era innamorato, forse appunto per non sentirsi corrisposto, senza potere più adontarsi delle trivialità, che ella gli scopriva ad ogni momento. Una sensazione acuta lo vinceva al solo vederla, e subito dopo non gli restava che un bisogno crescente, tormentoso, di stringerle la testa fra le mani e di