Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/59

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Poi Camilla parlò adagio, coll’accento stanco di chi si lascia andare ad una confessione pur sapendola inutile; erano brani della sua vita passata, evocazioni triviali e dolenti di una giovinezza sagrificata come tante altre dalla brutale corruttela dei genitori. Ella pareva accettarne la necessità con una confusa poesia di sagrificio.

Però era stanca di se stessa.

Lo congedò, egli protestava.

— No? E perchè? A che cosa mi servi tu?

— T’imbarazzo? — egli rimbeccò amaramente.

— Certo.

— Come?

— Tu non puoi niente per me.

Dopo un lungo battibecco ella confessò di avere un bisogno imprescindibile di duemila cinquecento lire; doveva questa somma al direttore, che aveva minacciato di scacciarla. Evidentemente si trattava di una frottola, ma la sua faccia era così ansiosa e il suo accento così convinto, che l’altro si lasciò commuovere.

— Tu non li hai; poi se li avessi anche... ti conosco.

— E dopo che te li avrò dati, mi tratterai allo stesso modo?

Un lampo bruciò negli occhi della ragazza, egli lo vide.

— Mi vorresti possedere tutta la vita per duemila e cinquecento franchi!... Vattene.

Egli titubava.

— Mai più, mai più!

— Almeno l’ultima volta.

Ella ebbe una smorfia così sdegnosa che l’altro ne provò quasi la sensazione di uno schiaffo.