Pagina:Oriani - Vortice, Bari, Laterza, 1917.djvu/72

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— Oh! — gridò di soprassalto al fracasso della finestra, che si apriva lasciando il varco ad un vivissimo raggio di sole.

— Non t’immagini che sono già le nove e mezzo! — gli rispose Caterina, ritta fra le tende coi capelli biondi incendiati dalla luce: — Ti abbiamo lasciato dormire sino ad ora, perchè dovevi essere stanco. Ieri sera hai fatto tardi.

Egli cogli occhi abbacinati non la vedeva ancora bene, aveva la testa pesante, la bocca pastosa.

— I bambini sono già andati a messa con Anastasia, — seguitò Caterina: — Se avessi visto, quando abbiamo provato loro le vestine nuove! Ada si è messa a piangere.

— Perchè?

— Voleva un nastro celeste alla cintura, come quello di Carlino.

Caterina si era appressata al letto.

Portava il solito abito di lanetta azzurro-cupa, che dava un bel risalto alle sue carni fresche di bionda; l’abito aveva, secondo la moda oramai vecchia di qualche anno, le maniche a sbuffi verso la spalla e la gonna, quasi corta, pieghettata sui fianchi. Il suo viso calmo, con un principio di pinguedine sotto le guance, aveva sempre la stessa espressione di bontà; qualche lentiggine le macchiava i pomelli, gli occhi troppo rotondi e quasi bianchi non dicevano gran cosa, ma il suo sorriso era dolce come sempre.

— Non ti alzi?

— Sì, aspetta.