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Così potè alzarsi per accendere lo zigaro.
— Dunque siamo intesi; stasera verrai anche tu dalla zia Matilde, — tornò ad insistere Caterina.
— No, non vengo. Vedrai che domani verrà lei da te.
— Tu scherzi sempre.
— Già!
Si era rimesso il cappello per uscire, scordandosi di scrivere quelle lettere; la paura lo riprendeva. Se fosse rimasto ancora qualche tempo, non avrebbe più saputo come andarsene; poi capiva che, solo coi bambini anche per un momento, sarebbe scoppiato a piangere. Fortunatamente il pranzo aveva durato sino alla solita ora, nella quale usciva a prendere il caffè.
— Me ne vado, — disse due volte, — senza riuscire a decidersi.
Caterina si era alzata per andare in cucina, egli la seguì; avrebbe voluto voltarsi per stringere in un abbraccio furioso le teste dei fanciulli, ma Anastasia rientrava già per sparecchiare.
— Va pure, siamo intesi! — ripetè Caterina una ultima volta.
Per risposta egli le diede un gran bacio sulla bocca, fuggendo subito dopo.
Caterina rimase sorridendo di quella soluzione.
⁂
Nel caffè, a quell’ora, la gente era già affollata intorno ai tavolini, che lasciavano appena un varco sotto il loggiato: regnava l’allegria, le voci si alzavano scherzose. Al suo apparire molti lo salutarono, mentre altri si ritraevano per fargli posto nel solito