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Da «Il purgatorio» di Cornelio Moldovani.


LA NOTTE DI RESURREZIONE ALLA CHIESA CRETZULESCU.


La notte sarebbe stata tiepida e tranquilla, se, di tanto in tanto, il venticello fresco d’aprile non avesse fatta sentire l’aspra carezza del suo soffio, scendendo dalle nere altitudini iridate dallo scintillante pallore delle lampade adamantine appese alla cupola gigantesca del cielo. Una quiete misteriosa palpitava nei vasti spazii della notte, rotta di tanto in tanto da candide luci, in cui gli occhi dei fedeli, spalancati verso il cielo, credevano intravedere sorrisi d’angeli ed ali di cherubini...

Ascoltando il consiglio dell’architetto, s’avvicinarono tutti alla porta del «pridvor» (1) ad ascoltar l’eco dei canti della funzione religiosa... Sanda, come se fosse la prima volta che andasse in chiesa, si sentiva l’anima come avvolta in un’ombra, inquieta, piena di meraviglia, come quando si visita un tempio sconosciuto. Con un misto di commozione e di curiosità, s’alzò in punta di piedi sugli scalini di pietra per poter vedere nell’interno ed ascoltare i cantici più da vicino, poi si fece largo, tra la folla... Nella chiesa dominava una semioscurità piena di mistero... Le figure dei fedeli sembravano sprofondate nell’ombra come i contorni dei vecchi santi, attenuati dal tempo e dal fumo, irrigiditisi negli affreschi murali. I candelabri spenti sembravan facessero oscillare i loro rami di bronzo coperti di gocce di cera, nell’attesa di essere accesi... Negli stalli scolpiti, dalla vernice caduta, sonnecchiavano teste di vecchi e beghine dalle guance flaccide, che a mala pena si tenevano in piedi, curve sotto il peso degli anni. In fondo si scorgeva la sfilata dei martiri e degli apostoli dipinti nelle nicchie dell’«iconostàs» (2) illuminate qua e là dalla fiammella di qualche lampada sgocciolante... Le «porte imperiali» (3), coi loro piccoli battenti di legno scolpito a colonnine attorcigliate, erano ancora coperte dal velo sacro, impedendo agli sguardi curiosi di penetrar nel recinto dell’altare, nel «sancta sanctorum» dove, in quella notte benedetta, doveva realizzarsi il simbolo supremo della redenzione del genere umano.

Mircea Trestian, nell’animo del quale — col ricordo dell’educazione religiosa che sua madre gli aveva infiltrata nel sangue fin dalla più tenera

    Uno sguardo all’evoluzione dell’arte drammatica. Buc., Göbl, 1910. — Venere e la Gioconda, spunti e fantasie. Buc., Librăria Nouă, 1912. — Polyeucte. Trad. dal Corneille (in coll, con D. Nanu). Bue., Steinberg, 1916. — Il Negoziante di Aromi, racconti vissuti e immaginati. Buc.. Steinberg, 1916. — Di qui non si passa, poema eroico (in coll, con M. D. Radulescu). Iași, «România», 1917. — La Maestà della Morte, pagine del rifugio. Buc., Steinberg, 1919. — Autori e attori, pagine di critica drammatica. Buc., Steinberg, 1920. — Le cascate del Reno, pagine dei giorni buoni e di quelli cattivi. Buc., Steinberg, 1921. — Racconti. Buc., «Casa Scoalelor», 1921. — Il Purgatorio, romanzo, voll. I-II. Buc.. «Cartea Românească», 1922 - 2° ediz., 1937. — Poesie, ed. completa. Buc., «Cultura Națională», 1923.

  1. Specie di porticato intorno alle chiese ortodosse.
  2. Parete quasi sempre di legno scolpito e dorato, adorna di figure di Santi, fra il coro e l’altare.
  3. Specie di cancello di legno dorato che separa l’altare dalla chiesa e che si apre solo in determinati momenti della funzione religiosa ortodossa.