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Così belle e così fiere passeggiavan le nostre regine sulle pendici del monte di Sion. Sei bella, Lea, comprendilo, ecco tutto! Vuole la tua bellezza, è ghiotto della tua carne, della carne! (Alza i pugni all’altezza delle tempie). Duemila anni di carne ebrea e non sono satolli ancora! L’hanno sputacchiata, l’han calpestata, l’hanno gettata in pasto alle belve, l’hanno bruciata sui roghi e inchiodata sulla croce, l’han martorizzata in ogni modo — un vero inferno sulla terra — e non basta ancora! Ora incominciano a corromperla coi loro baci. Strappala da te codesta carne fiorente, strappala, renditi brutta. (Lelia ha un movimento d’orrore). No, cara bambina, ho peccato. Iddio mi perdoni. Sii bella, Lea, fiorisci d’ora innanzi come hai fiorito fin qui. Ma salvati, salvati! Vedi, Lea, quando le mura della città cadevano sotto i colpi nemici, le madri ebree coi loro lattanti tra le braccia si gittavan nelle fiamme, solo per salvarsi dal nemico. Tu puoi farlo più facilmente. Va via di qui. Vieni con me. Vieni, salvati!

Lelia. — Fiere e pure sono state quelle mamme ebree. Con grande amore han preferito gittarsi vive tra le fiamme piuttosto che vivere una vita imposta loro colla violenza e la menzogna. Benedetta sia il loro ricordo ed io le onoro grandemente. Giacché anch’io inorridita dal disprezzo, dalla violenza e dalla menzogna, stavo per far lo stesso e sceglier la morte come sola salvezza. E se sono stata più felice di loro e se m’è rimasta aperta una porta verso la vita, la decisione non mi è stata facile. Nessuno infrange impunemente il legame d’ubbidienza e di amore che lo tiene stretto ai suoi di famiglia, e soprattutto una donna. Ma il Cielo che mi ha seminato nel petto un amore onnipotente e la cui voce risuona nel petto di ciascun uomo, il Cielo ha parlato anche nel mio cuore: «Obbedisci a te stessa. Solo ivi è salvazione...». Invano son lutti i tentativi e le insistenze. Non mi allontano dalla mia strada. Non torno indietro!

Manasse. — Perduta! Perduta. Oh! Andrò al sepolcro di Sara, toccherò colla fronte la terra e griderò: «Sara! Sara! Lea, la nostra figliuola è perduta per noi. Perduta in questo mondo, perduta in quell’altro! Io non la vedrò più nella vita e nessuno di noi due la vedrà nei secoli dei secoli. Perduta, perduta!».

(Trad. di Ramiro Ortiz).


Da «Infilatevi, perline» di Victor Eftimiu (1).

Atto I - Parte I - IL FRUTTO D’ORO.


L’Imperatore:

Ed ora dimmi come gli anni tuoi trascorsero!
Capirai (ma perchè non siedi?) che ad un festino nuziale un racconto
[d’avventure
d’amore mi ringiovanisce... (ma perchè non siedi?)
come ai tempi andati quando l’amore mi si dibatteva nel cuore.

Principe Azzurro:

Fidanzati da un mese appena, aspettavo con impazienza
che finisse la mietitura e gli altri lavori della terra

  1. Victor Eftimiu, Insir’te mărgărite... București, Socec, 1920.