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Capitolo II.


LETTERATURA ANTICA


L’antica letteratura romena sorge anch’essa all’ombra dei monasteri, soprattutto di Bucovina e di Transilvania, dove si determinò un importante movimento di coltura slavo-bizantina da principio, il paleoslavo essendo la lingua ufficiale della chiesa e delle corti, poi, a mano a mano, slava solo nelle forme esteriori (parlo anche delle arti figurative), ma già nazionale e romena come ispirazione, e finalmente romena, pur con vestigi slavi, anche nell’espressione formale.

Il primo documento della lingua romena risalirebbe, se disgraziatamente non fosse andato perduto nella sua forma volgare, al 1484, e consisterebbe anch’esso in un giuramento di omaggio che Stefano il Grande avrebbe fatto al re Casimiro di Polonia, e del quale sappiamo che «ex valachico in latinum versum est», il che ci prova che, almeno per le necessità giornaliere, il romeno si scriveva già verso gli ultimi decenni del secolo XV. Per quanto sia ormai assodata l’esistenza di un volgare romeno fin dal secolo XIII, come appare dallo studio della toponimia, nessuno più crede al famoso «torna, toma, fratte», che, secondo i cronisti bizantini Maurizio di Teofilatto (Hist., II, ed. Bonn) e Teofane (a Chronographia», I, ed. Bonn), un soldato avrebbe, durante una spedizione contro gli Avari, gridato a un suo commilitone «nella sua lingua materna» (ἑπιχωρίῳ γλώττη dice Maurizio di Teofilatto; πατρώη φωνῆ interpetra Teofane) per avvertirlo che il suo mulo aveva perso il carico. Il πατρώη φωνῆ dell’epitomatore Teofane perde parecchio del suo valore, quando constatiamo che corrisponde all’ἑπιχωρίῳ γλώττη del testo di Maurizio di Teofilatto, ch’è la sua fonte, senza dire che τόρνα era una parola tecnica del linguaggio ufficiale dell’esercito bizantino, che si legge accanto a «cede», «a sta» nel trattato di strategia attribuito all’imperatore Maurizio, e che «fratre» non può essere conside-