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tina), che risulta però, malgrado la realtà del personaggio della protagonista (di cui si conserva alla biblioteca dell’«Accademia Rumena» un telegramma di condoglianza per la morte dell’Alecsandri) d’ispirazione francese. Dopo la morte della madre, si ritirò per qualche tempo nella sua tenuta avita (moșie) di Mircești ed ivi cominciò a raccogliere i meravigliosi canti popolari rumeni, che rielaborò con discrezione e senso d’arte finissimo. Contemporaneamente compose anche delle poesie originali ispirate sia per l’argomento che per la forma ai canti popolari, che raccolse sotto il titolo di «Dòine» e destarono vivissima ammirazione. Innamoratosi di Elena Negri, sorella di un suo amico, fece con lei un viaggio in Italia, durante il quale ambedue fecero a Palermo una ben triste visita al Bălcescu, che trovarono quasi agonizzante dopo un accesso d’emottisi. La visita fu tanto più triste in quanto anche Elena Negri era ammalata della medesima malattia, della quale morì poche settimane dopo a Costantinopoli durante il viaggio di ritorno. Il dolore inconsolabile dell’Alecsandrì per la perdita della sua fidanzata si trova riflesso in una raccolta di versi intitolata «Lăcrămioare» che vuol dire in romeno «mughetti», ma anche «lagrimucce» fra le quali citeremo (per la popolarità che ebbe e di cui gode ancora grazie alla melanconica musica di cui l’adornò il Florescu) la celebre «Steluța» (Stellina) che anche oggi si canta dappertutto in Rumania adorna di quelle romantiche melodie dell’Ottocento che ora incominciano ad acquistare il fascino delle belle cose passate. Ma le poesie più belle e originali dell’Alecsandrì sono i «Pastèle» (Pastelli), in cui canta le semplici gioie della vita campestre nella casa che fu degli avi, quando l’inverno ricopre di un candido lenzuolo silente tutto all’intorno, la neve scintilla al sole ed il poeta attraversa le candide solitudini sulla slitta dai campanelli che squillano allegramente, o, accanto al camino, ode sibilare il vento, mentre le fiamme proiettano sul pavimento strani disegni d’ombre e di luci (1).

  1. Alecsandri scrisse anche tre drammi in versi (Despot-Vodă, Ovidiu e Fântâna Blandusiei) ricchi di molti pregi, con molte belle scene piene di vivacità e di movimento. Soprattutto Fântâna Blandusiei che si propone la ricostruzione di un episodio sentimentale della vita di Orazio, ci presenta — dice il Petrovici nella bella commemorazione pubblicata in «Cele Trei Crișuri» del settembre-ottobre 1940 — «un brano di vita vera in