Pagina:Ortiz - Letteratura romena, 1941.djvu/95

Da Wikisource.

— 95 —

— «Coraggio, Eminescu!» — disse Iacob Negruzzi — «fatti avanti e comincia!»

Eminescu avvicinò la seggiola al tavolino, tirò fuori della tasca il manoscritto e cominciò a leggere:

— «... e similmente, se chiudo un occhio, vedo la mia mano più piccola di quando la guardo con tutti e due. Se avessi tre occhi la vedrei anche più grande, e, quanti più occhi avessi, di tanto più grandi mi sembrerebbero le cose che mi circondano. Tuttavia, facendo il caso che io fossi nato con migliaia di occhi in un mondo pieno di cose colossali, queste, mantenendo in rapporto con me le loro proporzioni, non mi sembrerebbero nè più grandi nè più piccole di quanto mi sembrano ora. Ammettiamo che il mondo...».

E via di seguito su questo tono. Noi ci guardavamo l’un l’altro, e gli otto (1) eran diventati trenta, nessuno potendo indovinare di che diavolo si trattasse e dove Eminescu sarebbe andato a parare. Solo molto più tardi eccolo che comincia a darci qualche spiegazione di tutta quella sua metafisica, informandoci che il suo eroe era un giovinetto imbevuto di teorie metafisico-astrologiche, che abitava in una casa abbandonata e possedeva per tutto ricordo de’ suoi genitori un ritratto d’una figura mezzo virile e mezzo muliebre, ma insomma più virile che muliebre, visto ch’era suo padre, morto giovane ancora (2).

Respirammo tutti. — «Eccoci finalmente — ci dicevamo — tornati sulla terra; da ora in poi la novella sarà novella e non avremo che da seguirne l’intreccio, giacché l’eroe lo conosciamo!».

I trenta eran divenuti nuovamente otto ed anche gli otto eran per ceder le armi; lo stesso Nicu Gane, capo del gruppetto bellicoso e Miron Pompiliu che era rimasto addirittura schiacciato dalla filosofia di Eminescu, cominciava a tossire e faceva colla sedia movimenti impercettibili per accostarsi al lettore. Mirmilik (3) dimenticava persino di tirarsi i baffi.

Ma che! Non si trattava che di un momento di tregua. Era deciso che quella sera gli otto dovessero avere buon giuoco.

Eminescu riprese a leggere. Il povero Dionisio, entrando nella sua misera stanza, prende in mano un libro di astrologia e comincia a meditare, guardando i segni cabalistici delle costellazioni. — «Chi sa che in questo libro non si trovi il segno che ha il potere di trasportarci in un mondo ideale conforme in tutto ai nostri desiderii», ecc. ecc.

— «Ahi! — fece Gane — eccoci di nuovo in piena metafisica!».

Per fortuna Eminescu cominciò a leggere che, dirimpetto alla casa del povero Dionisio c’era una villa signorile e che dalla finestra aperta s’udiva il suono di un pianoforte e una voce melodiosa e argentina che cantava, e s’intravvedeva persino la figura d’una bella signorina.

  1. Un gruppetto di «frondeurs» nemici della letteratura a base di filosofia.
  2. Il Panu, spirito freddamente caustico, non ebbe mai troppa simpatia per Eminescu e il resoconto che fa della lettura del Povero Dionisio è, più che altro, una parodia, che vale però a mostrarci come, neppur nel cenacolo del Maiorescu, l’opera del grande poeta fosse sufficientemente apprezzata dai contemporanei.
  3. Soprannome del Prof. Melik, uno dei membri della «Junimea».