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Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/120

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zoni? „Due però erano i libri che Don Ferrante anteponeva a tutti, e di gran lunga in questa materia, [la politica]; due, che, fino a un certo tempo, fu solito di chiamare i primi, senza mai potersi risolvere a qual de’ due convenisse unicamente quel grado: l’uno, il Principe e i Discorsi del celebre segretario fiorentino; mariolo sì, diceva Don Ferrante, ma profondo: l’altro la Ragion di Stato del non men celebre Giovanni Boterò; galantuomo sì, diceva pure, ma acuto”1.

Ho delegato Don Ferrante a far le lodi del Boterò autore della Ragion di Stato; vediamo ora in breve quali altri meriti avesse quest’uomo, che non godè solo la stima di Don Ferrante, ma di San Carlo Borromeo e del Duca di Savoja.

Nato a Bene, nel Piemonte, il 1540, Giovanni Boterò entrò, in età assai giovanile, nella Compagnia di Gesù, dalla quale però uscì prima di pronunziare i voti. Fu Segretario di S. Carlo Borromeo, incaricato di una missione diplomatica a Parigi, fece molti viaggi in diversi paesi per la Congregazione di Propaganda Fide, finchè, nel 1599, (l’anno stesso in cui si pubblicavan le sue Relationi), Carlo Emanuele di Savoja gli affidò l’educazione dei figliuoli. Morì a Torino il 1617 e scrisse, oltre la Ragion di Stato (Milano, 1583), e le Relationi, delle quali ci occupiamo al presente, un trattato Delle cause della grandezza delle Città (1589), un opuscolo De Sapientia Regis, a non parlar di due poemi, uno in italiano (La Primavera), e l’altro in latino (Otium honoratum), che non valgon davvero gran fatto.

Ciò posto, vediamo come gli sia apparsa la Bumania, almeno attraverso le relazioni, delle quali dovè verto servirsi, quando volle descriverne i costumi e l’indole degli abitanti. I quali — secondo il Boterò — erano a quei tempi, o gli parvero, „d’animo instabile, et sdegnoso: amici delle taverne, et dell’otio. Habitano poveramente, per lo più in casali. Le loro case sono di legna, et di paglia, intonicate di creta, coperte di cannuccie delle quali abbondano. Le mercantie sono maneggiate, massime in Moldavia) da Armeni, Giudei, Sassoni, Ongheri, e Ragugei: et consistono in grani et vini che si portano in Russia, et Polonia; cuoi di vacche, schiavine, cere, mele, fiaschi di radice di teglia, stimate per la vaghezza delle vene: carni secche

  1. Manzoni, Promessi Sposi, Cap. XXVII.