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ma partendo tutti dalla medesima fonte: gli studii umanistici, che gli uomini del Rinascimento avevano iniziati. I lettori però di tali opere (storiche) erano a quei tempi assolutamente pochi: qualche vecchio boiardo isolato. I lettori comuni, — un po’ più numerosi e preti per la maggior parte —, si limitavano alla lettura dei libri sacri. Nessuna quindi di tali opere vide la luce per le stampe e rimasero un pezzo dimenticate. Se non che, intorno a quell’epoca, una parte dei Rumeni di Transilvania passò, per consiglio dei gesuiti 1 alla Chiesa Romana, con la quale si unì. Pur conservando— malgrado l’unione — la lingua del rito, gli usi ecclesiastici, e il matrimonio dei preti; per ciò che riguarda il dogma, gli „uniti” furon da questo momento una cosa stessa con Roma. Le scuole cattoliche di Sâmbata-Mare in Ungheria, quelle di Vienna e della Città dei Papi furon perciò d’ora innanzi frequentate anche da scolari rumeni, che vi accedevano— con discreta conoscenza del latino — da Blaj, dov’era la residenza del nuovo vescovo unito. Orbene da Vienna e da Roma tornarono tra il 1770 e l’80 tre giovani monaci rumeni: Samuil Micu (Klein), Gheorghe Șincai e Petru Maior, che non avevano affatto l’intenzione di viver rinchiusi e in tonaca al monastero. Tutti e tre avevan lo stesso pensiero: dimostrar l’origine romana del nostro popolo, di cui s’eran convinti prima ancora di aver lette le cronache di Moldavia e di Muntenia. E infatti nel libri che scrissero, andarono assai più lontano di quelle: i caratteri cirillici in uso fino allora dovevano a poco a poco essere smessi, il rumeno bisognava fosso scritto con lettere latine e in modo che la radice latina si potesse riconoscere a prima vista. Infine i suoni „stranieri” e le parole „straniere” dovevano essere abbandonati, almeno nella lingua scritta.

Un’altra novità è rappresentata dalla pubblicazione di codesti scritti. Grazie alle scuole ecclesiastiche, a quelle di stato, ed alle altre istituite di qua dai monti dai Principi che si dissero „Fanarioti”, la cerchia dei lettori s’era di molto allargata. Per costoro si stamparono successivamente due libri di Petru Maior,

  1. Soprattutto di Paolo Ladislao Baranyi (1657—1719) „parohul latincesc din Belgrad”, dove, nei mesi di febbraio e di marzo del 1697, si tenne il concilio, nel quale fu decretato l’unione. Cfr. Samuil Micu, Istoria biscricească a Românilor Transilvani în Acte și fragmente pentru istoria bisericei române de T. Cipariu, Blasiu, 1855, p. 70.