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Pagina:Ortiz - Per la storia della cultura italiana in Rumania.djvu/43

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quanto avveniva, descrivendo il Voda „huomo sapientissimo, degno de molta laude, amato molto da li subditi, per esser clemente et justo, molto vigilante et liberale, prospero de la persona per la età sua, se questa infirmità non lo avesse oppresso”. Nè manca di aggiunger notizie sull’esercito dei moldavi „valenti huomini et huomini de fatti, et non de star so li pimazi, ma a la campagna”, e che erano in grado di fornir 40.000 cavalieri e fanti 20.000; medico scrupoloso e onesto, ma veneziano anzi tutto, che mandava a comprar le medicine a Venezia1 ed il Senato della Repubblica minutamente informava d’ogni novità colla solerzia di un vero e proprio ambasciatore 2. Matteo

  1. Nel dicembre del 1502 Demetrio Purcivio (Dimitrie Purice) andava a Venezia a chieder «qualche farmaco” per la gamba del vecchio principe, le cui condizioni, malgrado le attenzioni e la dottrina di Matteo da Murano, non miglioravano affatto. Cfr. Hurmuzaki, loc. cit., vol. VIII, p. 35 e Iorga, Breve storia ecc., p. 72. Il documento si trova nei Diarii, tomo IV, c. 329 v.: ed è pubblicato in Hurmuzaki. loc. cit.: „[Demetrium Purcivium] ad urbem Vestrae Dominationis Venetiae transmisimus ut nobis pharmacias aliquas sive medicinas juxta consilium Domini Malthaei nobis necessarias emere et comparare pecuniis nostris anhelet et debeat.” La lettera è del 4 dec. 1502 ed è indirizzata: «Illustri et Ex-mo principi Domino Leonardo Lauredano Dei grafia Duci Venetiarum, amico nostro carissimo”.
  2. Alludo specialmente alle seguenti parole: „El paese si è fruttifero et amenissimo et ben situado, habondante de animali et de tutti frutti de oio in fora. I tormenti se semena de april et de mazo, e rachoiese de avosto e de septembrio; vini de la sorte de Friul, pascoli perfetti. Potria star in questo paese cavali 100 milia in più. De qui a Constantinopoli se va in XV o XX zorni, perho riverentemente aricordo a la Signoria Vostra che de qui se poiria strenzer li fianchi a questo perfido can Turcho. ecc., ecc.” E poco più giù: „Al presente, Serenissimo Principe, non ho altro de novo da significar a la Serenità Vostra, ma mentre starò in queste regioni, sempre sarò vigilante in dar aviso a la Serenità Vostra de le cose me parà degne de aviso.Hurmuzaki, VIII, 36. (Dalla collezione pubblicata da C. Esarcu 1874). La lettera è del 7 Decembre 1502. Anche i fiorentini erano perfettamente a giorno di quanto avveniva in Oriente c soprattutto di quanto macchinavano i Turchi. „Sorprese diplomatiche” non ne avvenivano a quei tempi, in cui la diplomazia era affidata nelle mani dei mercanti e dei banchieri! Ecco una lettera da Chio di Marco a Filippo Strozzi del 12 marzo 1475: „Al nome di Dio, adi xiij di Marzo 1474 ( = 1475)... qui si fa podio fatto ed maneho farasi, se questo diane del Signor Turcho non termina le cose sue, cheppure stiamo con non piccola gielosia, rispetto alla grande armata mette in ordenc; c-sse non fussi che a questi giorni à avuto gran rotta dal Valacho di più di XL-m uomini, a quest’ora sarebbe fuori“".Marco si lamenta inoltre che la «brigata” di Chio non pensa al pericolo. E l’8 giugno del medesimo anno (1475): ...scrivono di Pera che 'l Valaccho con grand’.