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in abissinia 1867-1868 | 39 |
Tutti i mortai erano stati fabbricati nel paese, ed alcuni di essi portavano iscrizioni amariche nitidissime: il meglio fuso era il mortaio di 43 pollici.
Quattro dei cannoni erano pezzi dell’artiglieria turca di campagna: due erano inglesi fusi a Cassipore presso Calcutta e regalati già al re di Scioa da Harris: due erano francesi di vecchia data.
Tutti erano in buono stato di servizio, eccetto uno dei tre più grossi che era scoppiato a Falla nell’azione del 10 aprile.
Le scatole di mitraglia contenevano palle e segatura di ferro cementata con sterco bovino.
Furono trovate fucine inglesi di diverse sorta.
Il giorno 15 i pezzi erano ancora dove erano stati trovati; ma un ufficiale d’artiglieria con alcuni pochi soldati procedeva già a far scoppiare le canne ed abbruciare gli affusti.
La strada dal campo inglese a Magdalà era ancora coperta, letteralmente coperta, da cadaveri di muli e cavalli; e quel giorno, ancora, alcuni soldati erano occupati nel primo campo di re Teodoro sotto l’altura di Salassie ad abbruciare i cadaveri delle vittime del 10.
Un orribile spettacolo si offriva allo sguardo di chi, dalla pianura di Islamghi, s’affacciasse a contemplare le roccie sottoposte: erano mucchi di cadaveri ignudi, con mani e piedi legati insieme da catene. Quegli sgraziati (un 300 circa tra uomini e donne, e per la maggior parte Gallas prigionieri di guerra) avevano fornito l’ultimo tema al feroce genio inventivo di re Teodoro; il quale, appunto una settimana prima, li aveva fatti condurre presso il precipizio, e legatili in quel modo, s’era divertito a scannarli di propria mano, poi a farli ruzzolare per quelle roccie.
A Magdalà era dovunque un grande affaccendarsi a frugare e rovistare in quelle capanne per raccogliere e classificare tutto quanto vi si trovava: il quartiere dei prigionieri (e per quartiere s’intende un gruppo di capanne circondato da siepe) era stato vuotato in tempo dagli interessati: il quartiere dove aveva abitato il re colle sue donne era stato sin dal primo giorno il punto di mira dei vincitori, e non offriva più nulla fuorchè le pareti; ma in compenso rimaneva ancora intatto l’arsenale o tesoro del re. Cinto anch’esso da siepe, si componeva di una ventina circa di capanne tutte piene zeppe di provviste d’ogni genere gettate là alla rinfusa; tappeti di Persia
4* — Osio. |