Pagina:Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia.djvu/35

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nita per la sua frivolezza, per le sue vane iattanze, e per la sua impotenza a fare ciò che fecero da moltissimi secoli tutte le altre nazioni, quell’Italia dall’Europa perseguitata e tenuta come un semenzaio di rivoluzionarii assassini ciecamente avversi ad ogni idea di ordine e di autorità, superstiziosi ed empii allo stesso tempo, oggi non solo ha acquistato la libertà e l’indipendenza, cioè la vita, ma ha ottenuto la benevolenza di tutte le civili nazioni, che la accolgono nel loro consesso, e con lei si congratulano delle tante sue venture. Non è guari che l’Europa si credeva vicina ad una guerra che sarebbe stata generale, ed alla quale l’Italia avrebbe avuto verosimilmente a prender parte. — In tale occasione non traspirava in alcuna delle nazioni europee un sentimento di odio o di disprezzo verso l’Italia, e da qualsiasi parte si fosse rivolta coll’offerta della propria alleanza, essa non avrebbe certamente incontrata fredda accoglienza.

Dobbiamo rendere di ciò infinite grazie alla prudenza, alla lealtà e all’abilità del nostro governo, ed in particolar modo ai nostri ministri degli affari esteri; ma esaminando la cosa accuratamente in tutte le sue particolarità, essa ne sembra così portentosa, da doverla attribuire allo speciale intervento di una benefica Provvidenza che volle, in compenso dei tanti mali sofferti, dotarne di tutti quei beni che non abbiamo mostrato di disconoscere, e che non ci siamo resi incapaci di apprezzare e di serbare. Quanto alla parte che a noi stessi possiamo attribuire nell’acquisto di codeste generali simpatie, essa si riduce ad una sola virtù, colla quale abbiamo sorpreso l’Europa che ce ne supponeva intieramente privi. — Intendo parlare della moderazione. — L’Europa era stanca delle enfatiche esagerazioni di molti fra i nostri rifugiati politici; e credeva che gli Italiani tutti parlassero in quello stile, e dividessero quelle opinioni che non avevano per essa neppure il pregio della novità, mentre per molti anni le aveva lette ed udite dalla bocca o negli scritti dei rivoluzionarii francesi del 89, e poscia da quella di tutti i loro imitatori.

Quando le vittorie del 59 resero alle popolazioni italiane la facoltà di esprimere i loro pensieri, e di eseguire le loro volontà, l’Europa vide non senza stupore una nazione sorgere dalle sue stesse ceneri, confessare ed abiurare, aborrendoli, i proprii errori, ripudiare gli odi e le gelosie intestine, le esagerate od impraticabili utopie, e stringersi unanime e concorde sotto una monarchia costi-