Pagina:Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia.djvu/52

Da Wikisource.
48

viso perchè da pochi inteso, diede origine alle imprese di Gioachino Murat, e del vicerè Eugenio Beauharnais, siccome aveva dato origine in Francia alle esigenze liberali di Beniamino Cousbaut, Lafayette ed altri, che si sforzarono di conservare Napoleone togliendogli la illimitata autorità, mentre in Italia cercavasi di mantenere i luogotenenti dell’Imperatore, ma separandoli da lui e ponendoli alla testa di un governo costituzionale, altrettanto nuovo o sconosciuto ai proposti principi, quanto ai sudditi loro. — Ma nessuno, tranne l’imperatore stesso, intendeva che il regime imperiale era una cosa sola colla persona dell’Imperatore, e che togliendogli l’assoluto potere il Napoleone degli anni trascorsi più non esisteva. — Non si sapeva neppure quanto fossero piccoli i luogotenenti imperiali, e che a nulla potrebbero giovare quando diventassero dall’Imperatore indipendenti. — Ciò apparve troppo chiaramente dopo la battaglia di Waterloo, in cui Napoleone, spogliato di ogni assoluta autorità, si trovò per la prima volta diffidare di sè stesso e de’ suoi, e fu vinto dall’Europa coalizzata a vendetta.

In quel mentre l’Italia ricadeva sotto l’antico giogo. Ma qui pure debbo notare una circostanza che non si era manifestata in altre simili situazioni. Gli Austriaci avevano ripetute le promesse di libertà fatte dai Francesi agli Italiani nei primi anni di questo secolo. — Le libertà promesse nel 14 e nel 15 dagli Austriaci non erano le libertà rivoluzionarie dei Francesi, ma erano tuttavia libertà, libertà moderate, e perciò appunto dovevano essere più salutari e più durevoli. — Ebbimo promessa di un governo separato, e fino ad un certo punto indipendente da quello di Vienna: la Lombardia e la Venezia non sarebbero più provincie dell’impero austriaco, ma un regno (il regno Lombardo-Veneto) annesso all’Impero. — Le nostre imposte dovevano essere misurate secondo i bisogni del regno e non secondo quelli dell’Impero. Il nostro esercito difenderebbe i nostri confini, e manterrebbe l’ordine e la tranquillità interna.

Queste promesse fatte dalla Casa di Absburgo ai deputati dell’alta Italia, ch’eransi recati tanto a Vienna quanto a Parigi al tempo dei celebri congressi radunati per dare un conveniente assetto alle cose di Europa, furono proclamate in Italia dai partigiani del dominio austriaco, non già come parole e lusinghe che potevano essere rea-