Pagina:Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia.djvu/57

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Carlo Felice morendo, compì un atto che doveva col tempo mutare le sorti d’Italia.

Un nuovo elemento, che contribuir doveva al risorgimento d’Italia, comparve in quel tempo sulla scena politica di questa nazione. Verso la Casa di Savoja cominciavano a volgersi gli sguardi dei liberali delle classi elevate e colte, che anelavano alla libertà e alla indipendenza del loro paese, ma che non avrebbero voluto comperarla a prezzo del disordine, del pazzo furore, e delle miserie che oscurarono il primo splendore della rivoluzione francese dell’89 e del 93. — In Italia non erano a temersi gli eccessi di furor popolare che la sete di libertà aveva svegliato in Francia. — La nostra plebe era pressochè indifferente alle generose nozioni della libertà e del patriottismo, e le classi educate, che avevano assistito alle sanguinose scene della repubblica francese, non ardivano scuotere dal suo letargo il nostro popolo, e preferivano vederlo indifferente, piuttosto che feroce o frenetico. — Ma all’epoca nostra non si compiono grandi rivolgimenti politici senza il popolare concorso. — Sebbene indifferenti alle idee di libertà, di diritto, di dignità e di onor nazionale, le nostre plebi conoscevano i loro materiali bisogni, e non si abbandonavano ciecamente fiduciose a chi non si mostrava capace e volonteroso di soddisfarli. — Chi prometteva ad esse l’alleviamento delle imposte e della coscrizione, e l’allargamento delle vie di lucro, ne disponeva a piacer suo; e i liberali italiani nulla potevano operare senza involgere il paese in momentanee, ma gravi difficoltà.— Erano dunque, per così dire, certi di non trovar favore nelle plebi, e di accendere la guerra civile insorgendo contro gli ultramontani oppressori, che avrebbero trascinate nelle fila dei loro armati le infime classi delle popolazioni. — Non so come i liberali italiani di quel tempo avrebbero trionfato di tale ostacolo, se il nuovo elemento di cui feci testè cenno non fosse felicemente intervenuto.

Primo a scoprirlo ed a valersene fu un avvocato genovese chiamato Giuseppe Mazzini. — Chi gli insegnasse il linguaggio del popolo, nol so; ma certo si è ch’egli seppe farsi intendere dalle masse popolari, e svegliare in esse sentimenti e passioni ch’erano rimaste intorpidite sino a lui. — Egli cominciò col volgere le sue parole al solo popolo, come alla sola classe degna della libertà, e capace di energici sforzi per ottenerla, lusingando così le passioni popolari, sempre pronte ad accendersi con-