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di parte. — V’ha chi imputa i nostri rovesci alla perfidia e al tradimento dei principi; chi, più moderato, li incolpa soltanto di imperizia e di stoltezza. — I soli Milanesi, disarmati e senza capi, avevano trionfato degli Austriaci; come mai si può concepire che gli Austriaci vincessero, pochi mesi più tardi, l’intera Italia? Con questa domanda si credette di aver provato la esistenza di almeno un tradimento, e molti ripeterono quella domanda come irrefragabile prova di questo.
Ma le catastrofi pari a quella del 48 e del 49 non accadono mai, se non per un numeroso concorso di circostanze le quali tendono tutte ad un medesimo risultato.
In questo nostro particolar caso le circostanze che ne procacciarono la rovina sono evidenti; ma perchè numerose e richiedenti, da chi le considera, certa quale tensione dell’intelletto, riescono poco gradite alle moltitudini, che preferiscono attribuire le sventure nazionali al tradimento di chi le regge; appunto come vedono ciò accadere sulle scene teatrali.
Gli Italiani non avevano in comune che una sola passione o due al più: l’odio dello straniero dominio, e l’amore ossia il desiderio della libertà. — Ma non erano punto fissati intorno alla condotta da tenersi per assicurarsi il possesso di un tanto bene, quando lo avessero ottenuto. — Sembrava difatti che lo avessero afferrato, e con quella inclinazione alle illusioni, che forma gran parte del carattere italiano, noi tutti credemmo di aver conquistata l’indipendenza e la libertà, quando vedemmo i soldati austriaci abbandonare umiliati ed impauriti la città di Milano, ed i principi satelliti dell’Austria prodigarne le costituzioni ed i parlamenti, mentre stavano pronti alla fuga per poco che i sudditi loro non si mostrassero soddisfatti delle concedute istituzioni. — Gli Italiani si tennero sicuri della loro libertà, ma si sentivano disorganizzati, e desideravano di costituirsi nel modo migliore. — Non si pensava allora a contentarsi del possibile, dell’eseguibile, del praticabile; si voleva giungere col primo passo alla costituzione più perfetta, a quella cioè che presentava maggiori garanzie di libertà, di uguaglianza civile e sociale, di prosperità, di gloria, e di una vita comoda. — Si voleva una costituzione che trasformasse questa nostra terra in un paradiso, non riflettendo che il paradiso è la patria degli angeli, e che non v’hanno molti