Pagina:Otello - La tempesta - Arminio e Dorotea, Maffei, 1869.djvu/268

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254 la tempesta.

Ed a volgere al vento i dolorosi
Nostri sospiri, che de’ suoi con viva
Pietà ci ricambiava, e ci venia
Con amor carezzando.

                       miranda.
                                      Oh quale impaccio
Stata allor ti sarò!

                       prospero.
                                        Tu, tu mi fosti
Un cherubino salvator. Dal cielo
Spirata, o figlia mia, tu sorridevi
Mentre un pianto amarissimo dagli occhi
Mi cadea giù nel mare, e vinto, oppresso
Dal dolor mi sentìa. Quel tuo sorriso,
Figlia, m’invigorì, mi die’ costanza
A sostener con animo securo,
Qualunque fosse, il mio tristo destino.

                       miranda.
E come, padre mio, tirarci a spiaggia
Potemmo noi?

                       prospero.
                              Fu dio che ne soccorse.
Provveduti eravam d’alcuni cibi
E d’acqua dolce. Un nobile signore
Napoletan, Gonzalo, a cui la trama
Venne affidata, per pietà forniti
N’avea di tali cose, e d’altre ancora
Necessarie alla vita, e che non poco
Ne giovàr. Poi sapendo il grande amore
Ch’io portava agli studi, a questo aggiunse