Pagina:Otello - La tempesta - Arminio e Dorotea, Maffei, 1869.djvu/312

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298 la tempesta.

Sien le cose passate, e parte nostra
Quelle che seguiran.

                      sebastiano.
                                  Che dirmi intendi
Con tali ambagi? Che forse la figlia
Del fratel mio di Tunisi è reina?
Dubbia cosa non m’è, nè dubbia cosa
Ch’ella pur sia di Napoli l’erede,
E che fra le due spiagge una distanza
Non piccola si metta.

                       antonio.
                                 Una distanza,
Di cui palmo non è che a lei non gridi:
«Come per ritornar nel tuo paese
Rivarcarmi potrai?» Che Claribella
Non si mova di là, ma qui si desti
Sebastïan. Pognamo un po’ che morte
Fosse lo strano e subito letargo
Che sorpresi ha costoro. Affè che peggio
Non potrebbero star di quel che stanno,
E v’è talun che governar saprebbe
Napoli com l’uom che qui riposa.
In buon dato poi v’han de’ cortigiani
Uggiosi, infaticabili cianceri
Come questo Gonzalo; ed io medesmo
Farmi gazza saprei cicalatrice
Non dissimile a lui. Se, come io penso,
Pensassi tu, qual sorte a te darebbe
Il sonno di costor? M’hai ben compreso?