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Trionfa poi c’ hai vinto alta, e superba,
E siano i miei lamenti i tuoi trofei,
Anzi il mio honore anchor salvo si serba,
Che son due figli i tuoi, son sette i miei.
E sono in questa mia fortuna acerba
Maggior di te, che fortunata sei,
E anchora in queste sorti adverse, et atre
Di più figli di te mi chiamo matre.
Mentre contra la Dea Niobe ragiona,
E chiama le sue voglie ingiuste, et empie
Superba una saetta in aere suona,
Ch’ ogni altra, fuor che lei di terror empie.
La freccia de la figlia di Latona
Stride, e percote Fitia ne le tempie,
La qual con viso lagrimoso, e bello
Sopra il corpo piangea d’ un suo fratello.
Con vesti oscure, misere, e dolenti
Eran corse à veder tanta ruina,
Empiendo il ciel di strida, e di lamenti
Le figlie de la misera Reina;
E con diversi, e dolorosi accenti
Sopra i morti tenean la testa china,
E parlavano al corpo senza l’alma,
Battendo il petto, e ’l volto, e palma à palma.
Come la freccia ingiuriosa offende
Innanzi à la scontenta genitrice,
E morta l’innocente figlia rende,
Novello oltraggio al suo stato infelice,
D’ira maggior contra la Dea s’ accende,
E la biasma, l’ingiuria, e maledice,
Et ecco à l’ improviso un’ altro strale
Passa Pelopia, e giunge male à male.
Co i crini sparsi il lagrimoso lume
Havea nel primo figlio intento, e fiso,
Quando battendo il dardo altier le piume
Ferille il capo, e scolorolle il viso.
Che non oltraggi più l’irato Nume
Prega Niobe Nerea con saggio aviso,
E con vive ragioni la conforta,
Che cerchi di salvar chi non è morta.
Mentre l’accorta vergine Nerea
Move alquanto la madre, e ’l cor le tocca:
L’irata man de la triforme Dea
L’arma terza mortal da l’ arco scocca,
E mentre verso il ciel la fan men rea
Le ragion, c’ hà la figlia escon di bocca,
Passa lo strale il core à la donzella,
E le toglie la vita, e la favella.
La sventurata madre, che si vede
Toglier dal terzo stral la terza figlia,
E che i futuri calami prevede,
Si graffia, si percote, e si scapiglia:
E mentre straccia il crine, e ’l petto fiede,
Rende del sangue suo l’ herba vermiglia
Un’ altra più innocente, e più fanciulla,
L’ultima, ch’era uscita de la culla.
Vede dopo costei cader la quinta,
Dopo la quinta insanguinar la sesta.
Onde, perche non sia l’ultima estinta,
La madre in tutto disperata, e mesta,
Trovandosi slacciata, inconta, e scinta,
L’ asconde sotto il lembo de la vesta,
E di se falle, e de la vesta scudo,
E piange, e dice al nembo oscuro, e crudo.
Deh moviti à pietà contrario nembo,
Ch’animi si crudeli ascondi, e serri,
E prega per costei, ch’ ho sotto al lembo,
Si che nova saetta non l’atterri.
Di quattordici germi del mio grembo
Salvane un sol da gli nemici ferri:
Si che non secchin l’ultima radice
Di questa sventurata genitrice.
Deh chiedi nembo pio questo per merto,
Se forse gli empi Dei celi di Delo,
D’haver tenuto il lor arco coperto
Dentro del tuo caliginoso velo.
Delia intanto à la cocca il pugno aperto
Dato havea il volo à l’infelice telo.
Fende l’ irato strale il cielo, e stride,
E la coperta figlia à Niobe uccide.