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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/340

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La donna, che ne l’odio, e ne l’amore
     L’huom di natura, più costante avanza,
     Havea più del fratello acceso il core,
     Però di buona, e lecita speranza.
     Pur non pensando à dishonesto ardore,
     Tal volta si prendea troppo baldanza,
     E per dar gratia à la camicia, e al manto,
     Trovava via d’avicinarsi alquanto.

Venere contra ogn’un grand’odio havea,
     Che traheva dal Sol l’alma, e la carne,
     E come occasion se le porgea,
     Non volea mai senza vendetta andarne.
     Hor quando vide, ch’à costei piacea
     Tanto il fratel, volle più stratio farne,
     Che non fè de la zia quando amò il toro,
     Per dar maggiore infamia al sangue loro.

Subito entrar ne gli occhi del fratello
     L’irata Citherea fa il suo Cupido.
     Và la sorella misera à vedello,
     Mossa da santo amor fraterno, e fido;
     Rimira l’occhio gratioso, e bello,
     Ne sà, ch’allhora Amore ivi habbia il nido.
     L’arco scocca ver lei subito Amore,
     E fa lo stral passar per gli occhi al core.

Bibli non sà, che l’amoroso dardo
     L’habbia di reo desio piagato il petto,
     E quando à riveder torna il bel guardo,
     Pensa, che vero sia fraterno affetto.
     Hor mentre cieca del pensier bugiardo
     Corre à l’ irragionevole diletto,
     S’adorna prima, e poi dolce favella,
     E parer brama à lui faconda, e bella.

E se tal volta à sorte il fratel vede
     Qualch’altra vagheggiar bella fanciulla,
     E per acquistar gratia, amore, e fede,
     Seco con modi honesti si trastulla,
     L’ha invidia: e se in disparte il fratel siede,
     S’accosta, e ’l bel de l’altra in tutto annulla.
     E dice ogni difetto, e forse vero,
     C’have colei nel volto, e nel pensiero.

Voi, cui la Cipria Dea non è nemica,
     Da questo infame amor prendete essempio,
     E fate, che la mente alma, e pudica
     Scacci da se l’amor nefando, et empio.
     Chi cerca farsi di sorella amica,
     Acquista de l’infamia il grave scempio.
     E non si può scusar, come costei,
     Ch’al san pensier contrarij hebbe gli Dei.

Locate il natural caldo desio
     In quel fedel amor beato, e santo,
     Ch’approva il mondo, la natura, e Dio,
     Onde Himeneo ne forma il carnal manto.
     Ogni altro amore è scelerato, e rio,
     E scorge l’alma al sempiterno pianto,
     E innanzi à quei, ch’anchor godono il giorno,
     Macchia l’honore altrui d’eterno scorno.

Non si conosce Bibli, e non sà il fine,
     Al qual l’occulta sua facella intende.
     Ma loda le bellezze alme, e divine,
     E dentro maggiormente Amor l’accende.
     Dà diversi ornamenti al manto, e al crine,
     E ogni hor bella al suo fratel si rende.
     Signor già ’l chiama, e da signor già il pregia
     E i nomi, che dà il sangue, odia, e dispregia.

Quando ode, che ’l fratel soror la chiama,
     Infinito dolor nel suo cor sente,
     Che le rimembra quel, ch’ella non brama,
     Quel nodo, c’han dal medesmo parente.
     Pur se ben tanto il mira, e tanto l’ama,
     Desta ha dal rio pensier vota la mente.
     Non osa mentre il dì viva la tiene,
     Di dare albergo à la nefanda spene.

Ma quando avien, che le cadenti stelle
     Spargon sopra di noi l’onde di Lete,
     E tutte l’attioni, e le favelle
     Fan per tutto restar sopite, e quete:
     E Bibli da le luci amate, e belle
     Si parte, e dassi anch’ella à la quiete.
     Secondo che ’l desio la punge, e fiede,
     Sovente l’Amor suo nel sogno vede.