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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/392

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della stanza, O veramente aventurata morte, e di quell’altra, O gran lode di Amor poi che si giova insieme con la conversione dell’inamorata Venere al suo amato Adone, nella stanza, Ma il ben de ’l quale il mondo men ha parte, e nella seguente insieme con la risposta di Adone.La favola di Atalanta, e di Hippomene ci da essempio che non è cosa che piu prontamente vinca la durezza, e l’ostinatione dele donne che l’oro, come quelle che naturalmente sono avarissime, e di qui aveneva che tutti quelli che tentavano di vinverla nel corso con la virtù, e col valore rimanevano morti; perche con esse loro non giova nobiltà, bellezza, ne virtù, mancando l’oro.Quando però non sia no infiammate esse ancora da questo focoso furore chiamato volgarmente Amore; perche all’hora, si lasciano vincere di maniera che non mirano ne all’honore, ne al timore, ne a cosa alcuna, anzi corrono sfrenatissime a i loro piaceri, senza alcuna consideratione appigliandose sempre al peggio; furono al fine ambidoi conversi in Leoni, e posti al carro di Cibele, poi che non hebbero punto di vergogna ne ’l congiungerse insieme alla presentia de gli Dei, per darci essempio che questa fiera passione trahe cosi l’huomo, e la donna fuori della sua propria natura, che li converte in animali fierissimi come i leoni, sono poi in processo di tempo, quando si vien raffredando il vigore del sangue; ridotti a tirar il carro di Cibele, quando si cominciano a riconoscere, e riconoscendose a vivere con gli ordini della natura, e con l’ubidienza delle leggi.Descrive molto felicemente l’Anguillara questa favola di Atalanta, adornandola come è accostumato di fare, di molte belle digressioni, cosi nel rapresentar la forza d’Amore in Hippomene, come ancor ala bellezza della superba giovane, mettendola vagamente innanzi a gli occhi di chi legge, con bellissime conversioni come nella stanza, Poi fu d’ogn’un di lor si picciol pomo dove si converte Hippomene, nella stanza, Dhe gentil cavalier mentre le tempie, e nelle seguenti, con bellissime comparationi come quella della stanza, Come s’al muro candido di latte: con quella vaga descrittione del corso. Come quella della stanza, Già il respirare era affannato, e stanco, e nelle seguenti, e con quella bellissima sententia di Virgilio ancora, che è nella stanza: Dhe disse poi per ch’anchor’io non tento dicendo nel verso, il fine: Gl’ audaci sempre il cielo aita.