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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/422

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mente ci sono facilmente tolte da Dio, a fine che conosciamo che dovemo voltare tutto l’amor nostro in esso, come quello che è stabile, e fermo; e non in cose caduche mortali, e transitorie.

Furono ambidoi poi trasmutati in uccelli essendo volata la fama in ogni parte, dell’ardentissimo Amore che si portavano insieme Ceice, & Alcione; che quelli uccelli poi che si chiamano Alcinoi habbino come vuole Ambruogio nell’Hexamerone, forza di render tranquillo il mare nel tempo che fanno, e covano l’uova, è cosa credibile poi che è narrata da un tanto huomo. Si veggono molte belle cose nella descrittione di questa favola; come sarebbe la passione che mostra Alcione della partita di Ceice, nella stanza dell’Anguillara, Misera me dov’è quel tempo gito, e nelle seguenti; le digressioni, che fa vedendo l’animo suo alterato mentre che tentava di disuaderlo da quel viaggio, overo persuaderlo a condurla con esso lui, come nella stanza, Che almen non temerò se teco io vegno, e quella che fa nel descrivere il modo come s’adoprano quelli che sono sopra una Galea, quando sono assaliti da qualche maligna fortuna; nella stanza, Dal porto solcano via l’humil bonaccia. Descrive ancora l’Anguillara felicemente la cognitione che hanno i marinari della mutatione del buono tempo in aspra fortuna, in quella stanza, Il buon padron che ’l mar biancheggiar vede. Bellissime sono le comparationi come quella della stanza, Come contra la squadra ardito, e fiero, e l’altra del verso di sopra: Qual se l’ariete, e ’l disco il muro introna, e quella della stanza, Qual se tal’hor da fochi, e da tormenti. Bellissima ancora, e giudiciosa è la fortuna di mare nella quale s’affogò Ceice descritta molto propriamente; come è ancor bella, e vaga, e molto ben rapresentata la casa del Sonno, a concorenza dell’Ariosto la descrittione della pigritia e dell’oblio, fatta molto felicemente. Et l’aparire di Morfeo ad Alcione, la doglia sua, e tutto il rimanente della favola posto e rapresentato vagamente dall’Anguillara, nanti gli occhi di chi legge.

La trasformatione di Esaco in Mergo ci da essempio che il piu delle volte gli huomini imprudenti cercando il proprio commodo senza alcuna maniera di giudicio sono cagione del danno, e della morte de suoi piu cari amici, perche non deve giamai l’huomo lasciarse di modo accecare dalle passioni che si lassi inavedutamente sdrucciolare a offenderli, come offese Esaco Eperia bellissima giovane, essendo stato cagione della sua morte, onde poi vinto dal dolore si gettò nel mare, e affogò, de qui trasse il Poeta poi che ’l fusse per opera di Theti trasformato nello smergo uccello marino che tratto tratto si somerge sotto acqua; e perche uno che si affoga suol venire di sopra, e dopoi di nuovo attuffarsi come lo smergo, per questo Esaco affogandosi fu detto essere trasformato nello smergo. Bellissima descrittione è quella dell’Anguillara del lamento che fece Esaco come prima vide morta la sua amantissima Ninfa, nella stanza, D’haver misero me, mi doglio, e pento, e nella seguente, come sono ancora belle e trasportate felicemente le comparationi l’una dell’ultimo della stanza, Tosto ch’ei volge il desioso sguardo e l’altra della stanza che segue, Qual l’anitra se lungi è dallo stagno.