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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/434

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Per amor de’ Centauri suoi fratelli
     Fè il convito Peritoo in un bel prato,
     Che i dossi, ov’hanno i cavallini velli,
     Havrian soli il castel tutto ingombrato.
     Era d’arbori grandi, e d’arbuscelli
     Carchi di frutti alteramente ornato.
     Sola una entrata havean con poco muro,
     La spina intorno, e ’l fosso il fea sicuro.

Hor come Bacco, e ’l suo liquor divino
     Fà udir con maggior suon l’humana voce;
     E che non sol l’amor, ma anchora il vino
     Il lume de Centauri inebria, e coce;
     Dato c’have il segnal, prende il camino
     Il più crudo Centauro, e più feroce
     Verso la sposa, e à forza indi la prende,
     E ponla su la groppa, e ’l corso stende.

Ciascuno à quella, à cui vuol farsi amante,
     S’appiglia, e sopra il suo caval la porta.
     I primi involatori in uno instante
     Corrono à insignorirsi de la porta.
     Manda il grido à le parti eterne, e sante
     Ogni donna, che v’è pallida, e smorta.
     Noi ci opponiamo à l’opre empie, e nefande,
     E versiam giù le mense, e le vivande.

Non comporta Teseo, che molto lunge
     Meni la sposa il più feroce Eurito.
     Ma, in quel, ch’ei vuol porla su’l dosso, il giunge,
     E gliela toglie, e rendela al marito.
     Con queste aspre parole intanto il punge;
     Tu dunque traditor sei tanto ardito,
     Ch’in vita mia rubar Peritoo intendi,
     Ne scorgi, che in un’ huom due spirti offendi?

La sposa il buon Teseo ritira in parte,
     Che per allhor da lor può star sicura.
     Noi seguitiamo intanto il fero Marte
     Co’l popol, che biforme ha la natura.
     Teseo ritorna, e cerca à parte à parte
     Con gli occhi, ove la pugna sia più dura.
     E scorge più d’ogni altro Eurito forte,
     Che, soccorrendo i suoi, dà i nostri à morte.

Mentre và contro Eurito, à caso vede
     Un vaso pien di vin grande, e capace,
     Dallo in poter del pugno destro, e ’l piede
     Move ver lui, che conturbò la pace;
     L’aventa, e in modo il volto human gli fiede,
     Che tutto il capo in pezzi gli disface.
     Cade il cervello, il sangue, e ’l vino insieme,
     Poi cade anch’egli, e dà le scosse estreme.

Maggior, che in altra parte era la pugna
     Fra Lapiti, e Centauri in su l’entrata,
     Perche d’uscire il fier biforme pugna,
     Con quella donna in groppa, c’ha rubata.
     Tosto la spada Teseo, e ’l manto impugnata,
     E, perche lor la fuga sia vetata,
     Co’l favor de Lapiti opra di sorte,
     Ch’ ivi guadagna, e fa serrar le porte.

Tanto i Lapiti, quanto i lor nemici
     Non si trovar, se non la spada à lato,
     Che fingendo i Centauri essere amici,
     Non venne alcun più del costume armato.
     Già molti morti miseri, e infelici
     Tutto sanguigno havean renduto il prato;
     Che per tutto confusa era la guerra,
     Ovunque d’ogn’ intorno il fosso il serra.

Pochi Lapiti in quella parte stanno,
     E infiniti nemici hanno d’ intorno.
     Tanto, che quivi i rei Centauri danno
     L’alme Lapite al basso atro soggiorno.
     Molti Lapiti altrove à pochi fanno
     Centauri, c’han fra lor, l’ultimo scorno.
     Tal, che si fanno in mille parti oltraggio,
     Secondo il valor lor chiede, e ’l vantaggio.

Chi si trova senz’arme, un vaso prende,
     De quai quivi hanno un numero infinito,
     E l’huom con tal materia offeso rende,
     Che per giovare à l’huom, venne al convito.
     Per tutto arme arme risonar s’intende,
     Tutto è sangue hoggimai l’herboso sito.
     Volan quei vasi in aria in ogni parte
     (Che già servir Lieo) per servir Marte.