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Pagina:Ovidio - Le metamorfosi.djvu/521

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LIBRO QUINTODECIMO

P
oi che passato al suo viver secondo

     Fu il primo auttor del gran nome Romano,
     D’un’ huom cercossi idoneo à tanto pondo,
     Per confidargli il regio scettro in mano.
     La Fama celebrava allhor nel mondo
     Per più saggio huom, c’havesse il germe humano,
     Numa Pompilio, il qual nacque Sabino
     Di spirto raro, angelico, e divino.

Cosi purgato hebbe ei l’ interno lume,
     Che pose ogni suo studio, ogni sua cura
     Non sol nel pio politico costume,
     Ma in ciò, che asconde à l’huom l’alma Natura:
     Onde la pioggia, il giel, la neve, e ’l fiume
     Nasca, et ogni altra origine più scura.
     Ogni suo studio egli in conoscer pose
     La Natura nascosta entro à le cose.

L’amor di questo studio, e di quest’arte
     Hebbe nel genio suo tanto potere,
     Ch’ogni altro amor più pio mandò da parte,
     Et ogni suo pensier diede al sapere.
     E perche cominciar le dotte carte
     À farsi per lo mondo allhor vedere
     Di Pithagora il saggio, il piè vi volse,
     E con le proprie orecchie udire il volse.

Maraviglia non fu, se tanto apprese,
     Se tanto dotto fu, tanto facondo,
     Che ne’ primi anni suoi la voce intese
     Del più raro huom, c’havesse allhora il mondo.
     Ne stupor fu, se il suo sapere accese
     Roma à fidargli un si importante pondo;
     Ch’ogni union, c’ha in se ragione, e legge,
     Principe sempre il più prudente elegge.

E per accender l’animo, e ’l coraggio
     Di ciascuno à gli studij, è ben, ch’accenne
     Parte di quel, ch’udì, che ’l fè si saggio,
     E dove allhor Pithagora si tenne.
     Si mise Numa subito in viaggio,
     Che si degno pensier nel cor gli venne;
     E giunse, andando ogni hor verso oriente,
     Dove leggea quell’huom tanto prudente.