Pagina:Panizza - Processi contro le streghe nel trentino, 1888.djvu/29

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contro le streghe 23

La leggenda poi viene compita con quanto si legge nel Canon Episcopi, altrove citato. Giacchè da questo apprendiamo, che era divulgata la credenza, che certe donne, indubitatamente le streghe, cavalcando certe bestie — strioportia — trascorressero molto paese seguendo Holda, convertita in Diana od in Erodiade. Anche il Canon Episcopi cade intorno al tempo del quale parliamo ed è di origine probabilissimamente franca o tedesca. In fatti, mentre è provato, che solo per un errore di Burcardo vescovo di Vormazia quel canone si attribuì al Concilio di Ancira (314), si ha che la massima parte del materiale del quale si servì Reginone abate di Pruem per la compilazione della sua Raccolta di decreti, dove il detto canone compare in parte per la prima volta, è di origine germanica.1 Il Baluzio anzi lo reputa un antico capitolare franco, e questa opinione ha per sè molta probabilità, anche prescindendo dall’autorità grandissima dello scrittore cui si deve la raccolta dei Capitolari.

Veduto come, quando e fra quali genti si sia maturata la leggenda delle streghe, sarà facile ad ognuno conchiudere, che essa dovette nel progresso del tempo vestire l’aspetto demoniaco col quale ci si presenta all’epoca dei processi, solo che consideri, che secondo l’opinione universale gli dêi pagani dovevano essere altrettanti demoni, che il culto accordato a questi, come le reliquie delle superstizioni antiche, erano qualificati a peggio che eresia, ad apostasia, e che il “ diavolo, „ individualizzato, era creduto fermamente in continuo contatto coll’uomo per trarlo a perdizione, e sostituire sè a Dio nella fede e nel cuore di lui. Forse che tra gente rozza e barbara era lungo o difficile il passo tra la credenza nelle perfide malefiche e la persuasione, che le opere loro fossero istigazioni e portenti dello spirito delle tenebre? Tra la credenza

    (Tit. LVI. rispett. LV), è giustamente ridatta nella lezione emendata con Æncum, ossia caldaia di bronzo o di rame. — La gravità poi dell’ingiuria che si recava ad uno chiamandolo Hereburgio o Strioporzio, si ha da questo, che la pena minacciata è uguale a quella cui veniva condannato chi tagliasse altrui una mano od un piede, o gli cavasse un occhio.

  1. Cfr. F. Walter, Lehrbuch des Kirchenrechtes aller christlicher Confessionem (Bonna, 1856) §. 100, dove sono riportati anche i giudizi del Savigny e del Wasserschleben.