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che l’indole e la civiltà di ciascuna nazione le seppe dare, è tempo che venga a toccare della storia del processo contro le streghe.

Già gli imperatori romani dopo l’introduzione del cristianesimo avevano stabilite nei loro editti1 pene severissime contro gli auguri, gli aruspici, gli indovini, i maghi e simile gente, la quale, data la nuova fede, non poteva esercitare le arti occulte senza cadere in grave sospetto di apostasia. Ed in codesti editti troviamo i germi del processo, che a suo tempo incominciò a farsi contro gli eretici, e quindi a mano a mano contro le streghe, poichè vi troviamo sancito l’uso della tortura per estorcere la confessione,2 e la pena del rogo, e quella della confisca dei beni. È però debito osservare, che, vivo l’impero di Roma, non abbiamo molte memorie di processi fatti specificatamente contro accusati di sola magia, e cosi in quello che si trattò in Antiochia sotto l’imperatore Valente (364-78), dove molti accusati furono mandati a morte, la severità dei giudici pare sia stata dettata meglio dall’accusa per titolo politico che non per quello di magia. — Ma intorno a codesto tempo (385) avvenne un fatto, che desto un senso di dolore negli uomini meglio veggenti, specie ecclesiastici, e cioè la prima condanna a morte di eretici: Priscilliano, vescovo Spagnuolo, ed alcuni suoi compagni furono decapitati a Treviri, ad onta delle difese e delle proteste di uomini insigni per pietà e per sapienza, come S. Martino, vescovo di Tours, e S. Ambrogio, arcivescovo di Milano. Se non che anche in questo caso va osservato, che i Priscillianisti erano in sospetto di essere dati alle arti diaboliche, e che, oltre lo spirito di vendetta, forse anche in questo caso ebbe la sua parte, sempre fosca nei processi penali, la passione politica, giacché è noto, che l’eresiarca s’era saputo tanto aiutare da rendere irrito un decreto di Graziano, che lo aveva esiliato dalle provincie dell’impero.

Ho fatto cenno di questo supplizio, perché nel pro-


  1. V. pag. 5 nota 3 di questo scritto.
  2. La tortura nei tempi di Roma repubblicana non si poteva usare contro i cittadini liberi: più tardi si introdusse senza restrizione nei processi di lesa maestà, indi in genere nelle cause capitali.