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56 i processi

inquisita, e l’inquisitore venendo nella prigione ne farà promessa, sottintemlendo però, che farà la grazia “ allo stato, „ e userà altre buone parole generali. Quando nella muda saranno entrate persone intese a cavare di bocca alla denunziata delle confessioni, di fuori stieno de’ confidenti ad ascoltare, e con essi se si vuole anche uno scrittore, che metta tutto in carta. (Q. XIV. XVI).

Bisogna ottenere la confessione, perchè è un incanto del diavolo quello della taciturnità delle streghe, ed occorre assolutamente romperlo. Se questi mezzi soavi e morali non bastano, ve n’è uno che non falla: la tortura. Ma questa non si dà subito, si decreta a due o tre giorni di distanza, e intanto l’accusata si getta in carcere (e quali fossero le carceri d’allora è appena possibile crederlo, leggendone le descrizioni) perché la nella oscurità, nel digiuno, fra le catene, in un’aria mefitica, tra le proprie lordure pensi a’ casi suoi e venga a sano consiglio. Il dì destinato, la vittima è condotta nella camera de’ tormenti, le si fa pregustare ad oncia ad oncia quanto strazio la attende, e se non cede alle esortazioni del giudice, egli la consegna ai carnefici. Viene spogliata, viene rasa in tutte le parti del corpo, perchè non abbia nelle vesti o fra’ capelli qualche diabolico amuleto,1 poi comincia l’opera nefanda, — suprema vergogna ed ignominia del foro criminale.2

In questo incontro però l’inquisitore deve avere parecchie


  1. La totale abrasione a’ tempi dell’Institore e dello Sprenger pare fosse in Germania da taluno censurata, ma viene da loro apertamente consigliata come una prudente cautela. Nei tempi posteriori gli scrupoli caddoro. Essi, del resto, ne dicono, che la usò Bernardo da Rategno (P. III, Q. XV).
  2. Eppure gli autori del Malleus, che suggeriscono la tortura e danno tante regole per la medesima, scrivono essere cosa nota, che i tormenti sono “ fallaces et inefficaces. Nam aliqui sunt ita molles corde et vecordes, quod ad levem torturam omnia concederent quæcunque falsa. Aliqui autem sunt ita pertinaces, quod quantumcunque vexarentnr ab eis veritas non haheretur. „ (P. III, Q. XXII). Quali onte e quali sfregi facessero i famigli del carnefice alle torturato non è a dire; nè qui è il luogo, e non me ne darebbe il cuore, di descriverei vari supplizi immaginati per tormentare le vittime. Basti questo, che la corda o colla, usata in Italia generalmente, veniva ritenuta come la più mite maniera di tortura.