Pagina:Panzini - Che cosa è l'amore?.djvu/113

Da Wikisource.

— 109 —

sato un cespuglio di violette finte: fìnte, ma non importa! Tutta la leggiadra creatura odorava di viva viola, di fresco mughetto, di pura lavanda. Ma le narici del suo nasetto impertinente si dilatarono e parvero aspirare in quello scompartimento come un malvagio odore: le delicatissime labbra si storsero: poi si sedette come rassegnata. Lentamente, con due sottili mani inguantate, alti i cubiti, si toglieva veli, spilloni, cappello, come fosse una funzione sacra. Apparve allora una leggiadra testa dai capelli cinerei. Con un rapido moto trasse poi da una borsetta uno zendado, vi ravvolse in un attimo il capo nella foggia languida in cui è effigiata Beatrice Cenci; distese sul velluto un gran lino bianco; vi si adagiò con la testa; vi si immobilizzò; forse dormiva se non fosse stato un piccolo piede a dichiarare che ella era pur desta.

Il grosso signore si rivoltò ancora, lui e il suo naso, contro la stazione. Era interessante guardare quello che vi succedeva. Un grigio enorme, un umidore intenso, una folla sconvolta era sotto la tettoia: ogni tanto passava qualche macchina fumida, gemebonda che trainava vagoni lenti grondanti da una impellicciatura mostruosa di neve: dentro si vedeva sfilare un ingombro di umanità.

Si va? si sta? cosa si fa? chi lo sa? Dall’interno del treno immobile, dal di fuori giungeva un ininterrotto suono di voci:

«Ritardo di due, sei, dieci ore! La neve! mac-