Pagina:Panzini - Che cosa è l'amore?.djvu/133

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Ma il babbo, quell’uomo che vedeva così di rado; quell’uomo che per aver dato pochi pugni leggeri leggeri, tirava il fiato sul letto, poco fa; quell’uomo che la mattina si alzava col lume, e via; che la sera col boccone ancora in bocca, pioggia o bel tempo, inverno o estate, neve o afa, si alzava e via; quell’uomo che poco fa aveva detto «vergogna!» gli stava davanti: penosamente davanti.

Oh, bella! anche il direttore aveva fatto la voce terribile e aveva detto a Giacomino «vergogna!» eppure quella stessa parola «vergogna!» detta dal babbo gli faceva un altro effetto: gli faceva un’impressione più dolorosa che i pugni che aveva presi.

Giacomino voleva un gran bene alla sua mamma, mentre col babbo non aveva avuto mai gran relazione. Se ne riconosceva l’autorità, ciò era per il fatto che doveva dire «buon giorno, buona sera», per il fatto che era lui che metteva fuori i denari, era lui che per fare certe spese tirava fuori dal portafogli certi biglietti grossi che Giacomino avrebbe mutato così volentieri in tanti dolciumi; era lui, sempre lui.

Se non che la gran differenza tra prima e adesso era questa: prima gli pareva una cosa naturale che tutto ciò dovesse avvenire per parte del babbo, nel modo medesimo che è naturale che colui il quale ha sete va al caffè e ordina il gelato: chi ha fame va al ristorante e ordina un bel

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