Pagina:Panzini - Che cosa è l'amore?.djvu/57

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come potevo, ed ella diceva: Canta, canta, mio core mi fa male! tanto dispecere col core malato!

Ma il cuore, malato veramente, era il mio.

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Avevo cantato tutta quella mattina stringendo appena la sua pallida mano, odorante di giunchiglia, fresca della sua primavera. Avevo mangiato un boccone all’osteria; mi ero chiuso nella mia stanza. Era un giorno ardente, e il sudore, con la passione, grondava dalla mia fronte. Come concludere quell’amore? Rapirla, e poi? E dove andare? Come vivere? E quei figli? Sappiate che io ero povero, allora. Volli almeno, qualunque fosse stato il nostro destino, che ella sapesse almeno tutto il mio amore. Non ci saremmo, forse, mai più riveduti, ma del mio amore ella doveva avere notizia certa e memoria perpetua.

Per tutto questo, benchè mi paresse cosa disonesta ed audace rivolgere dirette e vere parole d’amore a donna che apparteneva ad altro uomo, pure la passione vinse e scrissi. Timidezze dei venti anni!

Suo marito, forse — io pensavo — mi avrebbe ucciso. Ebbene? Non ero già io disposto a dar la vita per la Polonia? Guardai per la misera stanza d’albergo: non c’era calamaio nè penna, istrumenti poco usati nelle locande campestri, anche oggi che siamo così evoluti. E poi, che calamaio, che penna! Trassi il coltello, mi denudai il brac-