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un’antica spinetta. Provai un bisogno di fuggire ancora, di imbarcarmi sul primo treno in partenza. Ma poi pensai: E la conquista della gloria? e il mio quadro all’Esposizione?

Avevo una fame da poeta; e proprio in quell’ora un ristorante si apriva.

— Avete niente di pronto?

— La busecca.

— Ah sì, la busecca!

Mi stava in mente l’idea che la busecca fosse una sorta di manicaretto raro; un cibreo delicato, aristocratico, asciutto, finamente rosato, servito in un piattino, o tegamino di bel metallo.

Mi vidi portare davanti una tazza da brodo, soverchiata da un liquido giallastro purulento. Dentro vi nuotavano delle anse intestinali lardacee. Ne concepii un terrore macabro.

Guardai il cameriere: esso stava col naso in su, soddisfatto di sè, intento alla disinfezione mattutina del detto naso. Questa non è una specialità milanese, ma dei lavoratori della mensa in genere. Ma allora mi parve una specialità milanese, come la busecca. Uscii naturalmente senza toccare cibo.

*

*  *

Girai tutto il giorno per trovare una stanza d’affitto che non avesse l’apparenza atroce di essere io in balìa di un’affittacamere. Ebbi la fortuna di trovare una cameretta pulita, in una via