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aprire alla vita il suo volonteroso secondo consorte.

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Così adunque vennero celebrate le nozze.

Gli sposi partirono, e si racconta che, nei primi tempi, molto viaggiassero, e in grandi città facessero loro dimora.

Se non che, dopo qualche anno, ritornarono al castello perchè il povero conte non istava proprio bene. Infatti non si riconosceva più.

Lasciamo stare l’abitudine delle minestre col cece e delle colazioni da cacciatore con il tonno, il pepe e la cipolla: ma voglio dire che lui non si conosceva più. Era diventato di un colore che ricordava il grano che è cresciuto in cantina; e, mentre prima stava ritto, ora era tutto cascante, e quella sua barba veramente fiorita, in cui i fili d’argento già facevano bizzarro contrasto con il color primitivo del rame, era stata trasformata in una barbetta in punta, d’un colore tutto eguale, un colore sporco fra il cenere e il biondo.

Parlava mansuetamente e assicurava tutti che stava bene di salute; ma quel suo sorriso stirato, dava a vedere che non lo diceva con convinzione.

Anche l’aria nativa non gli giovò: e come molti avranno osservato che gli uomini prima di impazzire, prima di ammalarsi di incurabili mali, ovverosia prima di morire, mettono fuori certi loro sentimenti sigillati nel cuore da anni ed