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prie del genere. Di questa voce oggi molto si usa ed abusa per indicare coloro i quali per abitudini, gusti, qualità morali e fisiche, ereditarie o acquisite, si allontanano dallo stato normale fisiologico, sano, e tendono a forme squilibrate, pervertite e anormali del vivere individuale e sociale.

Degenerazione: nel linguaggio medico significa l’alterazione organica di un tessuto di un organo, la quale ha per effetto di impedire la normale funzione del detto organo. In senso antropologico indica quel complesso di caratteri che fanno deviare l’individuo dal suo tipo normale. Usasi spesso, come la voce precedente, in senso morale; e M. Nordau con tale parola intitolò un suo acuto e paradossale libro ove sono passate in rassegna le anomalie e i pervertimenti dell’Arte e degli scrittori.

Degente: (dal latino dègere da de e ago = passare il suo tempo, vivere) è voce usata dai medici e negli uffici per indicare specialmente coloro che sono negli ospedali.

Degradante: V. degradazione e V. anche il participio avviliente.

Degradare: V. Degradazione.

Degradazione: curioso vocabolo, speciale del linguaggio della caserma e dicesi di sfregio o rottura o guasto fatto ad un oggetto. Es. panca degradata per dire panca rotta. Avendo un ufficiale rotto un vetro della caserma, ebbe il conto della spesa che diceva: «Per degradazione ai vetri centesimi 30». La provenienza di questo vocabolo deve certamente essere dal verbo francese dégrader = se détériorer., endommager. Es. dégrader une maison, dégrader un mur. A questo proposito notiamo come le voci degradare, degradante, degradato nel senso di avvilire, rendere abbietto siano riprovate dai puristi per la loro provenienza francese, benchè la nuova Crusca le registri per autorità dell’uso. Uso però della lingua corrente, non del popolo: questo, per es., dirà: «io non mi sporco a fare la tal cosa» e non dirà: «non mi degrado». Nel senso di diminuire di grado, di intensità, detto delle tinte, sarebbe preferibile scrivere digradare, digradazione.

Dégringolade: parola frequente: deriva dal verbo dégringoler che nel senso proprio vuol dire scendere a precipizio e contro voglia a rompicollo. Nel senso figurato è frequente presso di noi.

Degustare: V. Degustazione.

Degustazione e così il verbo degustare non sono, come scrivo il Fanfani, «due latinismi sguaiati da lasciarsi ai pedanti fradici» ma bensì due francesismi dégustation e déguster = gustare d’un liquore per conoscerne le qualità, il sapore. Certo le voci francesi provengono alla lor volta dal latino degustare e degustatio (gustus), ma noi le togliemmo direttamente dal francese. Le nostre buone parole sono assaggio, assaggiare.

Dehors: voce francese, contrario di dedans: fuori, dentro. In un bellissimo manifesto italiano, si intende! di non so quale stabilimento di bagni o di acque termali, trovo magnificati ai forestieri i «dehors ombrosi».

Déjeuner: così è chiamata sovente la colazione del mattino che toglie dal digiuno; déjeuner, dal latino de ieiunare cioè sdigiunare. Vi corrisponde, oltre a colazione, la nostra buona e bella parola asciolvere che per etimologia è pari a déjeuner, cioè solvere jejunium, rompere il digiuno, ma va cadendo o almeno ben pochi la adoperano nella lingua dell’uso. Uno studio su le belle parole italiane che son moriture riuscirebbe piacevolissimo.

De l’audace, encore de l’audace, toujours de l’audace (et la France est sauvée): motto celebre di Danton, ministro di Giustizia, all’Assemblea Nazionale, il 2 settembre 1792. Ricorda la risposta del maresciallo G. Trivulzio (1448-1518) a Luigi XII che lo richiedeva quali elementi fossero necessari per una sicura vittoria: Trois choses sont absolument nécessaires: premièrement de l’argent, secondement de l’argent, troisiérement de l’argent.

Delenda Carthago: V. Ceterum censeo Carthaginem esse delendam.

Delimitazione: per segnare i confini, ricorda ai puristi la voce francese délimitation. Se gallicismo lo si vuol ritenere, parmi da ritenere altresì fra i gallicismi necessari.